SUSSIDIO
PER I BAMBINI

XXIII Domenica per annum

di Maria Teresa Visonà


“Ciao bambini! Voglio raccontarvi quello che mi è successo… Un qualcosa d’incredibile!
Sì, io sono proprio il sordomuto di cui si parla nel Vangelo di oggi.
Avevo sentito parlare molto di Gesù, delle sue “prediche”, del suo comportamento un po’ insolito, del suo peregrinare da una regione all’altra, dei suoi miracoli… ma una cosa è sentir dire ed un’altra è vivere. Almeno, così è stato per me.
Gesù, dopo essere passato per la Galilea, stava percorrendo con i suoi discepoli le regioni pagane di Tiro, Sidone e la regione della Decapoli (per voi l’attuale Libano).
E’ qui che abito io. Noi residenti di queste zone adoriamo molti dei, siamo cioè politeisti e per questo siamo chiamati pagani, a differenza del popolo d’Israele che “ascolta” l’unico Dio: Jahvè.
L’esperienza che ora vi racconterò mi ha fatto capire che ogni uomo e ogni donna, dovunque essi abitino e qualsiasi sia la loro cultura, possono essere toccati dalla Parola del vero Dio e dal suo amore.
Al di là del mio handicap, io ero un tipo molto duro. Certamente la vita non era stata generosa con me e questo mio problema fisico aveva condizionato la mia esistenza. Ero sordo non solo perché non sentivo, ma anche perché non volevo sentire nessuno e il mio cuore era chiuso ad ogni tipo di contatto e di apertura. Ero muto non solo perché non sapevo parlare, ma anche perché non volevo avere a che fare con gli altri. Ero completamente “barricato” nel mio dolore ed ero certo che nessuno mi avrebbe potuto aiutare, ero certo che nessuno mi avrebbe potuto accettare, ero certo che nessuno mi avrebbe potuto amare. Evidentemente mi sbagliavo…
Sapendo che Gesù passava di lì, alcune persone mi portarono da Lui pregandolo di impormi la mano. Già da quel momento in cui mi condussero là capii che qualcuno che mi voleva bene c’era…
Quando arrivai davanti a Gesù fui subito affascinato da lui. Lo osservai attentamente e vidi che non muoveva le labbra… evidentemente non parlava ma, guardando i suoi occhi, mi sentii amato come nessun altro aveva mai fatto prima. Mi voleva mettere a mio agio e per questo mi portò in disparte, lontano dalla folla e dalla confusione. Voleva stare solo con me, voleva interessarsi solo di me. Ero così importante per lui che non voleva altri attorno… voleva bene proprio a me e mi prese le mani con affetto. Capii che voleva guarirmi e la mia gioia mi toglieva anche la capacità di pensare. Mi pose le dita negli orecchi e con la saliva mi toccò la lingua (nella nostra cultura è risaputo che la saliva ha proprietà terapeutiche ).
Guardò poi verso il cielo per esprimere la sua unità col Padre ed emise un sospiro: in quel momento mi sentii così capito nel mio dolore, così amato, che mi sembrava che attraverso me Gesù manifestasse la sua misericordia a tutti gli uomini sofferenti, poveri e bisognosi del mondo.
Poi disse:”Effatà” che significa “Apriti”. Subito sentii.
Gesù mi aveva restituito la vita.
Sentii le parole di Gesù, sentii le mie parole, ma sentii anche che dentro di me qualcosa doveva cambiare. Quell’”apriti” non era stato detto solo per le mie orecchie e per la mia bocca, ma era stato detto a me pagano, a me che non “sentivo” e non “parlavo” al vero Dio. Quell’”apriti” era stato detto al mio cuore pieno di tanti idoli che mi chiudevano all’accoglienza del vero Dono.
Capii che Gesù, aprendo le mie orecchie, mi aveva dato la possibilità di ascoltare la Sua Parola e di dialogare con Lui e, aprendo la mia bocca, mi aveva dato la possibilità di testimoniare con la mia voce e con la mia vita il suo messaggio di amore.
Quegli istanti furono così sconvolgenti per me che non riuscii a non trasmettere la mia gioia, la mia scoperta, la mia nuova vita. Nonostante Gesù avesse detto di non dire niente a nessuno perché non voleva la sua fama ma solo la mia gioia, la notizia si diffuse in un baleno. La gente capì la grandezza dell’accaduto e le loro non furono chiacchiere: compresero tutti, infatti, che in quello che aveva fatto Gesù c’era la presenza e l’agire di Dio, proprio come aveva detto tanto tempo prima il profeta Isaia.
La mia esistenza si trasformò: non diventai ricco e famoso, non fui mai intervistato, non scrissi mai libri, non feci cose straordinarie… Tornai semplicemente alla vita di ogni giorno, alla mia famiglia, al mio lavoro, ma con la gioia di essere stato guarito nel corpo e anche nel cuore. Cercai di testimoniare agli altri l’amore di Dio per noi, con le parole ma soprattutto con il mio stile di vita. E’ questa infatti la sola prova che indica se sappiamo ascoltare e dire la Parola di Gesù”.

Credo che, dopo avere sentito il racconto del sordomuto, sia molto chiaro quello che Gesù ci vuol far capire con questo miracolo. Che dite voi bambini?
Tutti noi, più o meno, siamo sordi e muti nei confronti della Parola di Dio.
Ma il Signore ci vuole guarire perché le nostre parole, se riflettono la Parola, possono addirittura trasportare le montagne! Quale grande responsabilità abbiamo!
Proviamo a pensare ora a quali potrebbero essere le nostre sordità…
Ascoltiamo solo quello che ci fa comodo e facciamo finta di non sentire quando ci viene proposto un qualcosa di impegnativo? Siamo capaci di ascoltare Dio e chi ci sta accanto? Sentiamo quando qualcuno ci chiede un piacere o è più conveniente per noi metterci i tappi nelle orecchie? Ascoltiamo i bisogni degli altri ed aiutiamo per quanto ci è possibile? Trattiamo anche noi le persone che soffrono come ha fatto Gesù?
Proviamo a pensare ora a quali potrebbero essere i nostri mutismi…
Siamo orgogliosi tanto da non riuscire a dire “scusa” o chiedere perdono? Riusciamo a fare la pace rompendo il silenzio con chi ci ha fatto qualche sgarbo? Le nostre parole sono costruttive o parliamo tanto per far prendere aria alla lingua? Parliamo scorrettamente, in modo cattivo o bugiardo?
I miracoli di Gesù non sono mai “magie” ma sono “segni” del suo amore.
Come Gesù quel giorno guarì il sordomuto, così vuole guarire il nostro cuore ed anche a noi dice “Apriti!”. Questo verbo già di per sé esprime positività. Per fare qualche esempio, infatti, la parola “aprire” sottintende luce quando si apre un balcone, sottintende accoglienza quando si aprono le braccia, sottintende gioia quando si apre una mano per donare, sottintende affetto quando il volto si apre con sorriso sincero, sottintende apertura mentale quando si è disposti ad accogliere le idee degli altri, sottintende FEDE quando ci si apre all’ascolto di Dio.
Gesù è venuto per “aprirci”, per riconciliarci con Dio e per riconciliarci gli uni con gli altri. Lo fa anche attraverso i Sacramenti.
I gesti che Gesù fa sul sordomuto sono un simbolo e, grazie a questi, Egli continua a "toccarci" fisicamente per guarirci il cuore. Per questo, nel Battesimo, il sacerdote compie sul bambino battezzato gli stessi gesti: gli mette il dito negli orecchi e gli tocca la punta della lingua, ripetendo la parola di Gesù: “Effatà”, apriti!
Il sordomuto del Vangelo è stato guarito perché ha avuto la fortuna di incontrare qualcuno che si è interessato a lui e lo ha condotto da Gesù.
Ci impegniamo anche noi, in questa settimana, a condurre qualcuno da Gesù?

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