COMMENTO ALLE LETTURE

Domenica scorsa la liturgia ci ha presentato la pesca miracolosa di cui fanno esperienza Pietro e i suoi compagni. Il testo finiva con lo stupore di Pietro e la consapevolezza della sua povertà. Pietro aveva paura di accogliere in pienezza quella felicità di cui lo stupore era sintomo. Questo perché a volte abbiamo paura di essere felici. Forse Pietro aveva intuito che da solo non ce l’avrebbe fatta e che aveva bisogno di avere Gesù al fianco, lo aveva sperimentato e probabilmente temeva di perdere la sua presenza. Ma la risposta di Gesù fissa la speranza di Pietro: non temere, sarai pescatore di uomini. È come se dicesse: non temere, sarai mio amico e collaboratore, mio confidente e io non ti abbandonerò. La sua ricchezza è Cristo, non sono le sue forze. Sappiamo che ogni tanto Pietro questo lo dimenticherà. Spesso capita anche a noi di dimenticare che la nostra ricchezza è Cristo. La liturgia di questa sesta domenica del tempo ordinario ci permette di entrare ancora più in profondità attraverso le beatitudini che ci vengono proposte secondo la versione di Luca. I poveri e gli oppressi vengono presentati come beati, come coloro che sono ricchi di Dio. L’orazione colletta propria del tempo ci richiede proprio di riscoprire nella vita di tutti i giorni lo spirito delle beatitudini, per poter godere della ricompensa di Dio che è Cristo stesso e la sua amicizia. Mettendoci in ascolto della Parola, scegliamo tre verbi che ci aiutano a entrare ancora di più in questa ricchezza.

Confidare. Il primo verbo che prendiamo in considerazione è questo verbo bellissimo che ci propone la prima lettura, tratta dal profeta Geremia: benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Confidare in qualcuno significa riporre in lui ciò che di più prezioso abbiamo. Significa fidarsi anche quando siamo e ci sentiamo estremamente fragili. Confidare non significa semplicemente fidarsi, ma fidarsi con una speranza grande: la speranza di sapere che l’altro custodisce ogni parte di te e di quello che gli affidi. Non a caso, nella nostra lingua, il sostantivo che ne deriva è “confidenza”, che però ha un significato diverso, che ha a che fare con il “consegnare un segreto”. Confidare nel Signore significa affidargli i nostri segreti più profondi, quelle ricchezze e quelle povertà che abitano dentro di noi. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Il povero e l’oppresso nella Bibbia è colui che sperimenta che il Signore è dalla sua parte. Quando tutto sembra crollare attorno a noi, Cristo è colui che resta: quell’albero piantato lungo corsi d’acqua di cui parla la prima lettura.

Alzare gli occhi. Prendiamo il secondo verbo da Luca e dal modo in cui descrive Gesù in procinto di parlare e pronunciare le beatitudini. Luca ci dice che Gesù alza gli occhi verso i suoi discepoli. Si tratta di un’espressione strana. Come è possibile alzare gli occhi verso altre persone se tutti sono sullo stesso livello? Lo stesso Luca specifica che tutti si trovano in un luogo pianeggiante; questo ci fa pensare che nessuno fosse più in alto di altri. Com’è possibile allora che Gesù abbia alzato gli occhi verso i suoi discepoli? Alzare gli occhi è il gesto della preghiera. È bello pensare che la preghiera di Gesù illumina e innalza i suoi occhi che sono rivolti verso i suoi discepoli. Gli occhi di Cristo brillano quando pensa a noi. Non può fare a meno di parlare al Padre di noi. Sappiamo quanto sia importante il tema della preghiera nel vangelo di Luca. Questa espressione è così forte da illuminare tutto il brano: gli occhi alzati sono espressione del grande amore di Cristo per coloro ai quali sta parlando. I destinatari privilegiati dell’amore di Cristo sono i poveri, gli affamati, coloro che piangono, i perseguitati. Quante volte noi stessi ci sentiamo poveri e affamati! Quante volte versiamo lacrime per amore e per dolore! Quante volte ci sentiamo dei perdenti! In tutto questo saremo beati, saremo felici, se Cristo è con noi. Beati noi perché la nostra ricompensa è Cristo.

Rallegrarsi. Anche il terzo verbo lo troviamo nel brano del vangelo. Gesù, nel pronunciare le beatitudini, dice ai discepoli di rallegrarsi ed esultare perché grande è la loro ricompensa. La ricompensa è Cristo stesso. Vediamo come la gioia nasce da un rapporto. Lo vediamo in alcuni nostri rapporti: vivere alcune relazioni e pensare alle persone a cui vogliamo bene è motivo di gioia. Noi ci rallegriamo quando abbiamo qualcuno da amare. Noi ci rallegriamo quando siamo amati da qualcuno. Le beatitudini ci ricordano di rallegrarci, perché Cristo è con noi e il rapporto con lui è quello che dà senso a ogni nostro rapporto. Possiamo anche essere poveri agli occhi del mondo, ma se Cristo è con noi, siamo i più ricchi e nulla ci potrà mai mancare. È Cristo la nostra ricompensa più grande, rallegriamoci davvero.

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