COMMENTO ALLE LETTURE

LE DUE VOCI DEL CUORE

All’inizio della Quaresima, la Parola di Dio ci riconduce alle radici della nostra esperienza di creature e di discepoli di Gesù.

Il primo racconto ci porta nel giardino delle origini, in quella storia inventata che dice la verità più profonda della vita umana, secondo la fede. Dio all’inizio ha dato ad Adamo (che significa umano, terrestre) il giardino che ha creato e come cibo i frutti di tutti gli alberi del giardino. Gli ha anche dato un limite: non mangiare il frutto di un albero, quello del conoscere bene e male. Il serpente inietta nel cuore di Eva il sospetto velenoso che dietro alla proibizione data da Dio ad Adamo ci stia l’invidia: Dio non vuole che gli uomini fossero come lui, ne ha timore e per questo limita la loro libertà. Questo sospetto trasforma il comandamento di Dio in un ostacolo per la felicità, facendo dimenticare tutti gli altri frutti del giardino che Dio aveva dato all’uomo come alimento. Una volta cambiato il modo di comprendere il senso del comandamento, è corto il cammino che porta Eva e Adamo a desiderare il frutto dell’albero e a mangiarlo. La conseguenza è che gli occhi dei due si aprono: però non per conoscere bene e male, come aveva promesso il serpente, ma per scoprire di essere nudi. Nel rapporto tra di loro è entrata la vergogna e la paura, come pure nel rapporto con Dio, come si può vedere nel proseguo del racconto, quando Adamo ed Eva si nascondono dalla presenza di Dio. Il racconto mette in scena la condizione originaria di ogni uomo e donna sulla terra. Ricevono da Dio la vita come un dono e anche il comando di rispettare un limite: ciò ricorda loro che sono creature e non creatori e padroni di tutto. Ma sentono anche un’altra voce, che mette in loro il desiderio di oltrepassare il limite pensando così di trovare la felicità. Essi decidono di non fidarsi di Dio e rispettare il limite, ma di seguire la voce del tentatore, e sperimentano la loro fragilità.

All’altro capo della storia, l’evangelista Matteo racconta un’esperienza che Gesù ha vissuto appena dopo il battesimo ricevuto da Giovanni e prima di iniziare il suo ministero di predicatore itinerante. Non fa una semplice cronaca di fatti accaduti come li descrive (chi li avrebbe visti, se Gesù era solo con il diavolo?), ma scrive alla luce di tutta l’esperienza di Gesù, che si è conclusa con la sua morte e risurrezione. Farsi uomo per Gesù ha significato immergersi totalmente nella condizione di ogni essere umano, quindi anche l’esperienza di sentire nel suo cuore la tentazione che sente ogni uomo. Il diavolo parte da ciò che Gesù ha di più caro, cioè la sua coscienza di essere Figlio di Dio, proprio ciò che l’esperienza del battesimo aveva rivelato. Se sei Figlio di Dio - dice il diavolo a Gesù - allora usa questo tuo potere a tuo favore, per avere il pane, per essere salvato dal Padre, per avere tutti i regni della terra. Gesù non fugge dalla tentazione, ascolta quanto gli dice il diavolo, ma ascolta con più forza la voce del Padre. Lo capiamo dalle risposte che Gesù dà alle proposte del diavolo: parla con parole tratte dalla Sacra Scrittura (che contiene la Parola di Dio) e manifestano la fiducia in Dio: “l’uomo vivrà della parola che esce dalla bocca di Dio”, cioè obbedirà ai suoi comandamenti; “non tentare il Signore Dio tuo”, cioè fidati di Lui; “adora solo Dio”, Lui è il solo che merita tutta la tua fiducia e rispetto. Gesù vince la tentazione di satana non per uno sforzo di resistenza, e tanto meno facendo finta di non ascoltarle, ma perché nel suo cuore dà più spazio alla voce del Padre che a quella del diavolo.

Nella seconda lettura San Paolo fa una profonda meditazione (di molto precedente al racconto di Matteo) sulla morte e risurrezione di Cristo, mettendole in relazione con il “peccato” descritto nel libro della Genesi. Gesù Cristo, diventato uomo, ha vissuto la stessa condizione di tutti gli uomini: anch’Egli ha sperimentato la “tentazione” di sentire il comandamento di Dio (la sua volontà) come un impedimento per la sua felicità, e quindi di cercare la sua realizzazione per una strada diversa da quella che Dio gli mostrava. Ma non ha ceduto di fronte a questa tentazione: invece del sospetto, in lui è stata più forte la fiducia. Questo gli ha dato la forza di andare fino in fondo nella sua obbedienza al Padre, che lo ha portato a morire in croce e poi a risorgere. San Paolo conclude: come è vero che la disobbedienza di Adamo ed Eva ha aperto una strada di morte per tutti gli uomini, è ancora più vero che l’obbedienza di Gesù al Padre ha aperto una strada di vita per tutti coloro che credono in Lui, che si fidano e lo imitano.

Come ci riconosciamo in Adamo, ancora di più siamo chiamati a riconoscere nel cammino di Gesù la strada della nostra vita. Anche noi sentiamo nel nostro cuore le due voci, quella del tentatore che ci invita a non fidarci, e quella del Padre che ci invita a fidarci, ad accettare il limite e rispettare il comandamento. Gesù ci dice che nella fiducia e nell’obbedienza possiamo raggiungere la felicità. Se la voce del Padre risuona in noi più forte di quella del diavolo, potremo entrare in questo cammino della fiducia e non tornare indietro.

Il battesimo ci inserisce nella morte e resurrezione di Cristo aprendoci la strada della fiducia radicale in Dio Padre: l’albero della croce di Cristo, la sua obbedienza fino al dono totale di sé, si inserisce nell’albero che ciascuno di noi è perché possiamo dare gli stessi frutti di Gesù.

Viviamo la Quaresima come opportunità per ascoltare le voci più profonde che risuonano dentro di noi e guidano le nostre scelte; e per riscoprire il dono che ci è stato fatto nel battesimo e che matura di anno in anno, di Pasqua in Pasqua, fino a quella dell’incontro definitivo.

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