L’uomo ha da sempre avuto una grande domanda su Dio. Nel suo cuore quel desiderio non è soltanto frutto dell’intelligenza, dell’istinto, del sentimento, ma nasce dal punto più vero della coscienza, quasi un tentativo orgoglioso e disperato di forzare il mistero per definirlo con parole nostre, per possederlo, capirlo, imprigionarlo. E non riuscendo, a volte finiamo per negarlo.
Credo che sia capitato a tutti di cercare magari per un’ora qualcosa che non troviamo e poi scoprire che l’abbiamo sempre avuto sotto gli occhi: il telefono, le chiavi, gli occhiali…
Infinitamente più grande è la ricerca di Qualcuno che dia senso alla vita. Cerchiamo altrove e – come successe ad esempio a sant’Agostino – capiamo che chi cerchiamo fuori è da trovare dentro di noi.
La pagina del vangelo di oggi non si finirebbe mai di leggerla. Il dialogo dei discepoli con Gesù nell’ultima cena sembra dare spazio a noi, per farci entrare ed essere commensali. È un’ora intensa, di lì a poco Gesù sarà arrestato e tutti quei discepoli fuggiranno.
Gesù parla del Padre, di una casa, di dimore che saranno preparate per noi. I discepoli chiedono “come”, vogliono informazioni sulla strada, che lui afferma che già conoscono.
E Gesù dice a loro – e a noi –: “Io sono la via, la verità e la vita!”. Quelle parole basterebbero per noi nel nostro cammino quotidiano spesso tentato di fermarsi ad ogni ostacolo, ad interrompersi ad ogni fatica, a cedere al nostro peccato. Chi di noi non ha mai vissuto un incubo di una strada senza uscita, una porta chiusa, una menzogna che ci opprime?
La strada per l’accesso a Dio è la vita di Cristo, da ripercorrere: compiere i suoi gesti, preferire coloro che lui preferiva, rinnovare le sue scelte, muoversi soltanto in quella direzione, perché altrimenti non arrivi, quella indicata da Gesù stesso: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 13, 34).
Poi Filippo, in quell’ora decisiva, pone la domanda dell’umanità di ogni tempo: “Facci vedere Dio”. E Gesù, alla sua richiesta, sembra umanamente come scosso, da una parte dalla consapevolezza che quei suoi amici ancora non avevano capito, dall’altra commosso che finalmente potevano scoprirlo.
Proprio a Filippo – nel capitolo 1 – Andrea aveva detto: “Vieni e vedi!”. Proprio a Filippo Gesù aveva chiesto – nel capitolo 6 – guardando la folla: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” per metterlo alla prova prima di condividere cinque pani per cinquemila persone. Proprio a Filippo – nel capitolo 12 – alcuni Greci a Gerusalemme avevano domandato: “Signore, vogliamo vedere Gesù”.
È come se l’evangelista Giovanni, durante l’ultima cena, chiudesse un itinerario di quell’apostolo, protagonista delle prime chiamate, coinvolto personalmente nel grande segno della moltiplicazione dei pani e interpellato poi dai pagani che vogliono vedere Gesù. È come se si dicesse a Filippo: “Come mai, con tutti questi “indizi”, ancora non hai capito? Quel Dio che tu cerchi… è proprio qui”.
Ecco chi è Dio: ha la faccia come noi, un viso rassicurante che conosciamo e che amiamo, di amico e di fratello. “Chi ha visto me, ha visto il Padre... Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me”.
Eccolo, Dio: è qui, sta camminando sulla strada dell’uomo per amarlo fino a morirne. Fino a volere l’uomo con sé, per sempre, nella realtà della sua vita divina. “Vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”.
È la rassicurazione di non venire abbandonati, la certezza di non restare soli, il sapere di contare tutto per qualcuno, di appartenergli qualunque cosa accada. Dio sa come siamo fatti, qual è il segreto del nostro desiderio, per soddisfarlo con una traboccante risposta.
Quando poniamo la domanda sul “dove” andare la poniamo sul piano umano... Oggi ci viene indicato un “dove” divino, un guardare oltre il visibile con gli occhi.
“Non sia turbato il nostro cuore”: non c’è altra via per cui si possa giungere a Dio che non sia Gesù.
Sembrano cose troppo grandi, e invece sono nostre. E basterebbe saperle, lasciarsele cadere dentro e accoglierle nel cuore, crederle vere, dire di sì, semplicemente, umilmente, come ne siamo capaci.
Se scopriamo questa vicinanza ecco che le parole di Gesù sono rassicuranti: "Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”. Il posto preparato per noi nella casa del Padre è già qui. Con il battesimo noi già abitiamo nel Padre.
Oggi possiamo chiederci: “da così tanti anni sei cristiano e ancora non mi conosci?”
Forse dobbiamo ammetterlo: “No, ancora non lo conosco pienamente, eppure conosco quella nostalgia che come Filippo mi fa dire: mi basta vederti!”
Magari in questa domenica, tra prime comunioni, cresime o matrimoni, forse potrò scorgere di nuovo una rivelazione del suo amore. Forse potrò capire che tante mie domande a cui non so dare risposta, hanno già una risposta da tempo, nella semplicità di una Presenza.