COMMENTO ALLE LETTURE

Il primo gennaio di ogni anno celebriamo Maria Santissima come “Madre di Dio”, la onoriamo nella sua divina maternità. Maria non è solo “Madre di Gesù” ma anche “Madre di Dio” (titolo che le è stato attribuito dal Concilio di Efeso nel 431) perché il Figlio è vero Dio e vero uomo, è Dio ed è realmente nato come uomo da Lei.

Il primo gennaio ricorre anche la Giornata Mondiale della Pace, promossa da san Paolo VI che la celebrò nel 1968 per la prima volta. Da allora i Pontefici l’hanno sempre sottolineata con un messaggio su un tema riguardante la pace.

La liturgia della Parola della solennità odierna con la prima lettura ci mette davanti a una benedizione, all’antica benedizione sacerdotale sul popolo conservata nel Libro dei Numeri (6,22-27). Fin dai giorni della Creazione, la benedizione di Dio si riversa sugli esseri viventi come riconoscimento della bontà delle creature, come dono di fecondità e di vita. La benedizione è il dire-bene di Dio su di noi, è il suo donare grazia e il nostro accoglierla.

La benedizione tratta dal libro dei Numeri è articolata in tre parti che si susseguono in crescendo: nella prima c’è la rassicurazione che Dio ci benedice e custodisce e quindi in ogni situazione di difficoltà o di serenità possiamo essere sicuri della sua benevolenza e della sua protezione; nella seconda c’è il volto del Signore che con il suo splendore illumina il nostro cammino e c’è la sua grazia come insieme dei doni che fa alla nostra vita; nella terza c’è il suo sguardo paterno su di noi e il dono grande della pace, di quello shalom che è la pienezza della gioia e della vita.

Il Salmo, in risposta, ci fa invocare la benedizione da Dio, il dono della sua misericordia, della sua luce, della sua giusta giustizia. Con il desiderio che tutti i popoli giungano a conoscerlo, per lodarlo e onorarlo come a Lui conviene (Sal 147).

La seconda lettura, dalla Lettera di san Paolo ai Galati (4,4-7), in tre soli versetti riassume la storia della salvezza: si compiono i tempi della promessa attesa da secoli e Dio manda suo Figlio, che nasce nella fragilità umana (da donna) e nella schiavitù (sotto la Legge) per riscattarci/liberarci dalla condizione di schiavi e immetterci in quella di figli. Lo stesso Spirito del Figlio mandato nel nostro cuore ci fa chiamare Dio “Abbà! Padre!”. Oggi ci viene ricordata questa immensa benedizione che è la figliolanza ricevuta per opera di Gesù Cristo e che, in quanto figli, ci rende eredi del dono della stessa vita divina.

Questo testo della Lettera ai Galati riveste un’importanza particolare riguardo a Maria perché contiene l’unica volta in cui l’Apostolo si rifà a Lei chiamandola, in modo indiretto, semplicemente “donna” e anche perché si tratta del primo riferimento a Maria nel Nuovo Testamento. La Lettera, infatti, precede la stesura dei Vangeli. Quindi l’accenno di Paolo, che è all’interno di un discorso cristologico, costituisce la prima testimonianza su Maria come la donna d’Israele che ha generato il Messia, ha dato carne al Figlio di Dio.

E veniamo al Vangelo secondo Luca, che ci offre il racconto della visita dei pastori (Lc 2, 1-21). Fra le scene evangeliche che la vedono protagonista, la liturgia sceglie quella in cui Maria appare più inattiva. Il racconto è concentrato sui pastori che vanno di corsa a Betlemme e trovano Maria, Giuseppe e il bambino che giace nella mangiatoia, riferiscono ciò che hanno visto e udito, tornano al loro lavoro, glorificano Dio. Sono i pastori gli attori principali della scena e imprimono un grande dinamismo al contesto. Possiamo riconoscere in loro il cammino dei discepoli che, avendo visto e udito, si fanno testimoni e annunciatori della “buona notizia”, la nascita di un salvatore che è il Cristo Signore (cf Lc 2,11).

Su Maria poche parole: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”, ma tanto ricche di senso. Maria avrebbe avuto da raccontare più di tutti, ma la vediamo raccolta in una riflessione silenziosa. È impegnata a custodire/conservare insieme tutte le cose, gli avvenimenti e le parole, senza lasciar cadere nulla, senza voler rifiutare le esperienze più dure e difficili che, dopo l’annuncio dell’angelo a Nazaret, sono state tante fino al dover dare alla luce il suo bambino in un ricovero per animali. Custodisce per meditare. È usato il verbo greco symballō che vuol dire adattare o accostare insieme, far combaciare e - quindi - confrontare gli eventi fra loro e cercarne i nessi. Pensiamo a Maria come una donna reale, con tante domande nel cuore, una giovane donna che ama Dio, conosce le Scritture e si vede coinvolta nel loro compimento come madre del Messia, che ha ricevuto l’annuncio di un figlio di stirpe regale, ha ascoltato le testimonianze meravigliose dei pastori e guarda il suo bambino venuto al mondo in un’estrema miseria. Maria ha vissuto tante difficoltà, incertezze, situazioni incomprensibili e vuole custodire tutto, cercandone il significato per fede e alla luce della fede.

Il Vangelo si chiude con l’imposizione del nome al Figlio di Dio che nasce bambino e per culla non ha che una mangiatoia: Gesù, “Dio salva”.
 

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Come è bella la solennità della SS.ma Madre di Dio celebrata nel primo giorno dell’anno e quanta ricchezza riceviamo dalla liturgia della Parola! Cominciamo l’anno nel segno della benedizione di Dio su di noi, suoi figli in Cristo, e uno dei suoi doni più belli è proprio Maria, la benedetta fra tutte le donne, la Vergine Madre, Colei che la Chiesa non ha temuto di chiamare Madre di Dio. È bello e confortante vedere come il nuovo anno sia affidato alla custodia di Maria, sia posto sotto la sua protezione.

L’inizio dell’anno porta sempre con sé una riflessione sul tempo, che abbiamo o che non abbiamo davanti, che corre o che non passa mai, che ci sfugge e non ci basta, ritmato da delusioni e speranze, pieno di attese o vuoto di attese. Maria, oltre che materna custode dei nostri giorni, ci sia anche maestra nel guardare alla realtà con uno sguardo più ampio e inclusivo, ci sia maestra di sapienza nel mettere insieme i pezzi e i frammenti della nostra vita spesso dolorosi o incomprensibili e nel cercare quel filo di senso che li unisce e inserisce nella grande trama della storia di salvezza della quale, per grazia, siamo parte.

La celebrazione della divina maternità di Maria il primo gennaio illumina di speranza anche la ricorrenza della Giornata Mondiale della Pace. La Chiesa si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà per conseguire insieme il dono di una pace vera e non fittizia fra i popoli. Per noi cristiani il tema della pace ha un valore specialissimo e ci impegna particolarmente; parlare di pace equivale ad annunciare Gesù Cristo perché “Egli è la nostra pace” (Ef 2,14), a diffondere “il vangelo della pace” (Ef 6,15), a diventare persone di pace: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figlio di Dio per essere chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9).

 

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