“Dio non è vanitoso, ma vuole godersi le cose belle con noi. Io credo che Dio “si arrabbia” se tu, di fronte al colore viola di un campo di fiori, neanche te ne accorgi”.
Queste sono parole pronunciate da Shug, una elegante donna libera, a Celie, una schiava nera, nel mezzo del bellissimo film del 1985 di Steven Spielberg, chiamato appunto “Il Colore Viola”. Nello strazio e nell’assurdità della vita da schiava, a quella povera ma forte donna viene suggerito di avere uno sguardo che va oltre, che non perde mai la speranza, che desidera solo amore, che arriva al cuore di Dio.
Il viola, in questa Quaresima che inizia, è un colore bello, che riempie di vita un campo di fiori. E sarebbe proprio un peccato non accorgersene, passare quaranta giorni come se non ci succedesse niente di nuovo.
Iniziamo questo periodo con la certezza che Dio Padre ci guarda con amore, vede le nostre gioie e le nostre fatiche. E proprio perché ci conosce bene, ci fa ogni anno il regalo di un tempo per rimettere ordine alla nostra vita.
San Pietro Crisologo scrive: “Abbiamo dato un anno al corpo, diamo dei giorni all’anima. Abbiamo speso per noi le stagioni, destiniamo del tempo al Creatore; viviamone un poco per Dio, dopo averne vissuto la totalità per il mondo”.
Proprio perché siamo tutti più deboli, abbiamo bisogno di un tempo “forte”, che occorre iniziare bene, con un segno forte, con questo giorno: il mercoledì delle ceneri.
Tra poco le nostre dita di sacerdoti si sporcheranno di cenere, segnando il vostro capo, invitandovi alla conversione.
È un gesto inusuale, che rischia di passare per una benedizione scaramantica…; è un gesto splendido per la sua essenzialità, che ricorda che siamo poca cosa davanti a Dio… siamo cenere e diventeremo cenere; è un gesto impegnativo, con l’invito a convertirci e a credere nel Vangelo. Un po’ di cenere sul capo è un gesto semplice e provocatorio che ci esorta a metterci di nuovo in cammino dietro Gesù. Don Tonino Bello diceva che la Quaresima è un cammino dalla testa ai piedi, dalla cenere sul capo alla lavanda dei piedi del giovedì santo. Un percorso cioè che deve “rivoltare” la nostra vita, per passare di nuovo “dall’io a Dio”.
Per questo motivo abbiamo bisogno di digiunare. Non tanto per motivi estetici, dietetici o sportivi, né come protesta da “sciopero della fame”. È un digiuno “segreto”, dove solo Dio guarda: fare a meno del cibo – così essenziale alle nostre vite – per nutrirci di Dio! Riscopriamo il digiuno, allora, per togliere qualcosa al nostro corpo e riempire l’anima di nutrimento spirituale. Questo è il punto di partenza, poi va bene tutto il resto: rinunce, meno televisione, meno telefonini, meno navigazione al computer… Ma senza cadere nel rischio dei “buoni propositi” o dei “fioretti” che lasciano il tempo che trovano. È più facile rinunciare ai dolci piuttosto che rinunciare al peccato!
Il digiuno diventi una “formazione del cuore”, un amore a sé stessi, inseparabile dalla preghiera (amore verso Dio) e dalla carità (amore verso il prossimo). Insieme sono il trittico necessario per la nostra conversione.
La conversione è un impegno serio, è revisione di vita, è superamento delle mediocrità, nella consapevolezza che ad essa non servono gesti clamorosi e teatrali, come “stracciarsi le vesti”. Bisogna cambiare il cuore: “Laceratevi il cuore e non le vesti”, ci ha detto il profeta Gioele.
E la conversione non può che partire dall’intimo del nostro cuore poiché, come dice Gesù, “dal cuore provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie” (Mt 15, 19).
Convertirsi significa ammettere umilmente che non siamo noi Dio, non siamo onnipotenti. Siamo peccatori, e quindi ci è necessario “rientrare in noi stessi” (cfr. Lc 15, 17), per tornare tra le braccia del Padre.
Convertirsi significa vivere gesti concreti, veri, non apparenti perché Dio non guarda ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore (1 Sam 16,7).
Papa Francesco ci ha indicato una strada per vivere al meglio questo tempo, attraverso il Messaggio di Quaresima di quest’anno, dal titolo “Ascesi quaresimale, itinerario sinodale”.
Prendendo spunto dall’episodio della Trasfigurazione, il papa ci indica due sentieri da percorrere. Il primo fa riferimento all’imperativo che Dio Padre rivolge ai discepoli sul Tabor: “Ascoltatelo!” (Mt 17,5). La prima indicazione è molto chiara: ascoltare Gesù. La Quaresima è tempo di grazia nella misura in cui ci mettiamo in ascolto di Lui che ci parla in molti modi: anzitutto nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia; nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto; infine nei fratelli e nelle sorelle della nostra comunità. Nel cammino sinodale l’ascolto reciproco è fondamentale.
Il secondo sentiero per questa Quaresima “è non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni. La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale, e verso quella bisogna andare, seguendo “Lui solo”. Il percorso sinodale non deve illuderci di essere arrivati quando Dio ci dona la grazia di alcune esperienze forti di comunione. Anche lì il Signore ci ripete: «Alzatevi e non temete». Scendiamo nella pianura, e la grazia sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita ordinaria delle nostre comunità”.
Seguendo la bellezza del colore viola, allora, lasciamoci condurre da Dio per esercitarci nell’ascolto e nel riconoscere la Sua presenza nella vita ordinaria.