COMMENTO ALLE LETTURE

Nel “campionato della santità” la squadra dei beati occupa il secondo posto in classifica. L’esclamazione “beati” circola da tempo sulle labbra di tante persone, talvolta in solitudine e tal’altra in compagnia di una simpatica spiegazione: “Beato lei che non ha problemi” e così via.

   Ma c’è di più. Talvolta, questo simpatico complimento viene adoperato in senso negativo, quasi offensivo: “Beato lei che non capisce niente!”. Infatti, è un dato della cultura popolare sostenere  che l’ ignoranza metta al riparo dalla sofferenza.

   Nel brano di vangelo di oggi, festa liturgica di tutti i santi, Gesù ribalta tutto affermando: “Beato chi ha problemi”, a patto che li viva per la causa del Suo Regno.

   La parola “beati” la fa infatti da padrona nel discorso delle beatitudini, ma per capirla bene e gustarla occorre fare il palato al linguaggio paradossale usato spesso da Gesù, al punto da poterlo considerare il suo codice di comunicazione preferito.

    E, paradosso  per paradosso, è curioso notare come nel campionato della santità il posto in classifica della squadra dei “beati” preceda quello dello squadrone dei “santi”. Come dire che Gesù, dichiarando tutti “beati” facilita molto il passaggio al primo posto in classifica, il posto di “santi”.

   A condizione pero’ di avere costantemente come stella polare di riferimento per il proprio vivere quotidiano la causa del Regno di Dio.

   Vivere per la causa del Regno di Dio (“Cercate prima di tutto il Regno di Dio, il resto vi verrà dato in più”, dirà un’altra volta) comporta non illudersi che la sequela di Gesù sia una passeggiata, bensì comporta mettere in conto di patire sfortune, incomprensioni, derisioni, persecuzioni, morte.

   Per contro è consolante e confortante sentire la simpatia di Gesù per i semplici (non i sempliciotti), i puri di cuore, i miti, tutte categorie di persone non tenute in gran conto dalla cultura mondana (“Io non sono di questo mondo” dirà in altra occasione).

   Ne consegue, sul piano strettamente spirituale, la necessità quotidiana della preghiera appassionata perché per tenere l’occhio fisso alla stella polare del Regno di Dio, non basta lo sforzo personale (opzione fondamentale della vita) ma serve l’assistenza speciale dello Spirito Santo, che è diventato inquilino permanente della nostra anima grazie al sacramento della Cresima.

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