COMMENTO ALLE LETTURE

In questa trentatreesima domenica del tempo ordinario la liturgia ci presenta un vangelo complesso, non di immediata comprensione. Il vangelo non è mai prevedibile e nemmeno scontato. Questo ci ricorda che la buona notizia non risiede nell’assenza di complessità, ma abita il mare sconfinato del mistero. In mezzo a questo mare siamo chiamati a osservare e ascoltare Gesù, che per i suoi discepoli desidera una vita piena e ricca di senso. In questa domenica ci facciamo guidare da tre parole di provocazione che emergono dalle letture.

La prima parola è “fuoco”. Il profeta Malachia, nella prima lettura, annuncia il giorno rovente, il giorno che brucerà, il giorno in cui, con raggi benefici, sorgerà il sole di giustizia. La presenza di Dio nella nostra vita non è acqua tiepida che rilassa la pelle, ma è un fuoco che accende il cuore dell’uomo e della donna. Spesso ci illudiamo che la fede in Dio serva ad alleviare le nostre agitazioni, come se credere in Dio fosse un calmante da prescrivere nei momenti di dolore. La prima lettura ci sprona a leggere la presenza di Dio come un fuoco capace di accendere in noi la passione vera per la vita. Dio è capace di infuocare il nostro cuore. Malachia parla del sole di giustizia che sorgerà. La giustizia nella cultura biblica non è letta secondo i nostri canoni civili. Quante volte confondiamo la giustizia con la vendetta! La giustizia nella Scrittura significa “rendere giusto”, “giustificare”. Solo l’amore è capace di rendere giusta una persona. Ecco allora l’obiettivo del giorno rovente: infuocare il cuore dell’uomo con l’amore, per renderlo giusto. Chiaramente il fuoco ha anche una valenza purificatrice, come è giusto dell’amore. L’amore ci purifica nel senso che ci ricentra, ci fa riscoprire ciò che conta davvero. Lasciamo che Dio infiammi la nostra vita. Non annacquiamo la sua presenza. Il cristiano è un appassionato, anche se tante volte ci dimentichiamo di lasciarci bruciare da questa presenza salvifica.

La seconda parola è “sconvolgimento”. Se la presenza di Dio nella nostra vita è fuoco, come ci suggerisce Malachia nella prima lettura, è chiaro che quando si fa sentire in noi, non può che provocarci, sconvolgerci. Tutto questo però ci spaventa. Abbiamo paura di lasciarci sconvolgere da Dio. Nel vangelo Luca riporta delle parole che Gesù pronuncia in riferimento al tempio di Gerusalemme, ornato di pietre belle e preziose. Come sempre Gesù ci chiede di andare in profondità, di guardare al di là dell’apparenza. Cos’è che conta davvero? Qual è la vera bellezza? Gli ascoltatori ammirano letteralmente la bellezza di quel tempio. Eppure Gesù ci sconvolge. C’è un tipo di bellezza che passa e c’è una bellezza che rimane per sempre. Noi siamo attratti naturalmente dalla bellezza. In metafisica si parla dei trascendentali dell’essere: l’uno, il vero, il buono, il bello. Noi siamo attratti dalla bellezza per natura e per vocazione. Gesù parte da questa bellezza visibile per farci scoprire la bellezza che si sperimenta. La bellezza è come il vangelo di oggi, ovvero è complessa. In nome della bellezza artistica e religiosa rischiamo di allontanarci da quella fiamma che arde. Non a caso Gesù parla di coloro che verranno dopo di lui e che pretenderanno di dire “Io sono”, che è l’espressione della rivelazione di Dio a Mosè, non a caso in un roveto che arde… Il roveto arde perché Dio è bellezza sconvolgente. Gesù sconvolge perché è venuto a ribaltare i preconcetti religiosi, è venuto a mostrarci il vero volto di Dio. Di tutto quello che vedete, dice Gesù, non sarà lasciata pietra su pietra. Agli occhi di Dio ciò che conta non è il tempio in sé, ma è la persona.

La terza parola è “speranza”. Questo vangelo potrebbe, ad una lettura superficiale, spaventare. In realtà Gesù, amante dell’umanità intera, desidera il meglio per ogni uomo e ogni donna. Dio è colui, come ci insegnano il vangelo di oggi e il suo contesto storico, che interviene quando il suo popolo è in rovina; non solo! Dio è colui che cammina con il suo popolo. Questa è la buona notizia: quando il nostro cuore brucerà, quando la nostra vita vivrà un grande sconvolgimento delle sicurezze passeggere, risolleviamoci e alziamo il capo, perché Dio ci sta rendendo liberi. La libertà non è un punto di arrivo, ma è un processo: ce lo insegna il popolo di Israele nel deserto e ce lo insegna l’esperienza dei discepoli con Gesù. Risolleviamoci e alziamo il capo, perché la bellezza di Dio è come fuoco che brucia per farci scoprire il valore dell’oro, la bellezza di Cristo, che, come dice il salmo 44, è il più bello tra i figli dell’uomo.

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