Il Vangelo ci mostra Gesù giunto quasi al termine del suo viaggio verso Gerusalemme. Si trova infatti a Gerico, l’ultima stazione per le carovane provenienti dalle regioni di nord-est prima di intraprendere la salita verso la città santa. Mentre attraversa la città, ecco che un uomo di nome Zaccheo entra in scena. Egli viene presentato come “capo dei pubblicani e ricco”. I pubblicani avevano l’appalto delle imposte per conto dell’Impero romano e Zaccheo era a capo del sistema di riscossione doganale; con questo lavoro si era notevolmente arricchito, frodando ed estorcendo denaro. Era quindi malvisto dal popolo e, in quanto pubblicano, considerato un peccatore.
La seconda cosa che ci viene fatta sapere è che Zaccheo cerca di vedere Gesù, personaggio famoso che alle porte di Gerico ha compiuto un miracolo guarendo un cieco e che, notoriamente, ha una certa simpatia per pubblicani e prostitute.
Il racconto, nel farci seguire i movimenti di Zaccheo, ci fa scoprire anche che è basso, “piccolo di statura”, fatto che gli procura qualche disagio. Siamo spinti ad immaginarlo tra la folla accalcata ai bordi della strada in attesa del passaggio di Gesù: lo farebbero arrivare davanti per vedere bene? Sicuramente no e lui stesso preferisce non dare nell’occhio vista l’ostilità che lo circonda. Però non demorde, cerca una soluzione, deciso a realizzare il suo piano. Corre avanti e si arrampica su un sicomoro, superando così le sue difficoltà. Forse nessuno lo noterà, nascosto tra il fogliame, o forse sì ed allora lo prenderanno in giro. Ma non sembra importargli molto, il desiderio di vedere Gesù è più forte.
Quando Gesù arriva nei pressi del sicomoro, alza lo sguardo e parla a Zaccheo; lo chiama per nome e gli dice che deve fermarsi (rimanere) a casa sua proprio quel giorno, in quell’oggi che segnerà il capovolgimento della vita del capo degli esattori. Le parole di Gesù rivelano una urgenza. Zaccheo scende in fretta, avverbio che nel terzo Vangelo è legato alla visita di Dio e alla gioia che ne deriva (ricordiamo Maria ed Elisabetta, i pastori di Betlemme, Maria sorella di Lazzaro) e accoglie Gesù nella sua casa, pieno di gioia. Mettiamoci in ascolto di questa gioia incontenibile che riempie l’animo di Zaccheo, finalmente riconosciuto per quello che è, con il suo nome, addirittura considerato degno di ospitare il grande rabbi. Intorno alla casa brontola la folla dei benpensanti scandalizzati ma a Zaccheo non interessa nulla, non ha più bisogno di difendersi e nascondersi. Ora è nella gioia perché il suo cuore è stato trasformato dall’amore. Zaccheo si sente dire “tu sei figlio di Abramo”, reintegrato come figlio a pieno titolo nel popolo di Israele, non escluso da Dio. Questa è la salvezza.
La sua conversione è manifestata dalla gioia piena ma anche concretamente dagli atti di riparazione radicale che si propone: donare largamente ai poveri e risarcire oltre misura le persone derubate. Molto più di quanto richiesto dalla legge, sia ebraica che romana. Una nuova gratuità al posto della vecchia avidità.
Il testo del Vangelo finisce con una frase di Gesù che riassume il senso della sua vita e della passione che si appresta a vivere: salvare ciò che è perduto, riportare lo smarrito, ritrovare, liberare, sanare il cuore umano.
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ZACCHEO OLTRE I SUOI OSTACOLI
Zaccheo appare, a prima vista, una figura che si può facilmente ridicolizzare. Ed invece è un personaggio denso, dalla vita complicata e dal cuore dolorante: soffre di una condizione fisica evidente che lo ferisce nell’identità personale e lo impedisce un po’, conosce la prevaricazione sui poveri che sfrutta con l’estorsione per procurarsi il benessere economico, subisce l’odio e il disprezzo dei concittadini, è scomunicato ed escluso dalla vita della comunità religiosa.
Perché cerca di vedere Gesù? La risposta appare incerta. Zaccheo assomiglia un po’ al figlio minore della parabola del padre misericordioso perché per entrambi non si capisce bene quali motivazioni li spingano rispettivamente verso Gesù e il Padre. Per il figlio minore tornare dal padre è una necessità o un sincero desiderio dell’affetto paterno? Per Zaccheo si tratta di curiosità verso quel maestro che ha a cuore i pubblicani o di un impulso interiore nei confronti del Signore, un desiderio di liberazione, di aiuto? Forse una luce a questa domanda viene dal fatto che Zaccheo cerca di vedere “chi era Gesù”, quasi un voler vedere qualcosa del suo essere, più in profondità. Zaccheo segue una spinta interiore, che è forte e gli fa superare l’ostacolo personale della bassezza e quello sociale di una folla che in tutta la vicenda lo contrasta. Non si arrende, corre proiettandosi in avanti per non rischiare di perdere il passaggio di Gesù, supera con creatività l’impedimento della statura. Zaccheo desidera e cerca, anche se non sa bene cosa. Però Gesù c’entra…
Zaccheo ci può accompagnare nella riflessione su nostre situazioni personali che magari ci bloccano e ci trattengono in basso, o anche su quanto ci inibiscono e condizionano la considerazione e i giudizi degli altri. Possiamo fermarci a considerare quale sia lo stato della nostra “giustizia” intesa come giuste relazioni in famiglia, negli ambiti sociali e nella Chiesa. Possiamo ricordare quando il Signore è venuto a noi per risollevarci, rialzarci, restituirci ad una vita bella, riempirci di gioia.
GESU' ATTRAVERSAVA LA CITTA' IN CERCA DEGLI ULTIMI
L’immagine di Gesù che passa in mezzo alla città è bellissima: ci dice che il Signore è vicino, percorre le nostre strade. Scrive Papa Francesco: «Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso» (Evangelii gaudium 71). Gesù ha attraversato Gerico per dare senso alla vita di Zaccheo.
L’evangelista Luca mette particolarmente in evidenza l’attenzione di Gesù verso gli esclusi, gli ultimi. Le parabole della misericordia (il figliol prodigo, la pecora smarrita e la moneta perduta) - tutte appartenenti alla sezione del viaggio verso Gerusalemme - sono narrate in un contesto in cui pubblicani e peccatori si avvicinano a Gesù per ascoltarlo mentre farisei e scribi gli mormorano contro. Zaccheo è un ultimo, per sé stesso, per la società, per i capi religiosi; uno che forse si sente perduto, prigioniero della situazione che si è colpevolmente costruito e dalla quale pensa di non poter più uscire, uno che ha bisogno di amore, di riconoscimento, di una parola non ostile. In questa situazione arriva lo sguardo di Gesù, il quale gli rende la dignità chiamandolo per nome (un nome che sembra avere due possibilità di lettura: “Dio ricorda” oppure “puro, innocente”, entrambe significative) ed entrando nella sua casa. È da cogliere anche il modo non giudicante, non accusatorio; Gesù fa percepire a Zaccheo il suo valore di persona che agli occhi di Dio non è cancellato. Dio si ricorda di Zaccheo, lo incontra e lo guarda oltre i suoi errori e il suo peccato. Da questa misericordia Zaccheo viene totalmente trasformato e salvato, per lui Gesù diventa Signore (Kyrie). Di conseguenza il suo sguardo sulla realtà e su tutti gli ambiti della vita cambia prospettiva.
Con un pensiero al cammino sinodale che stiamo vivendo e al cantiere della casa, proviamo a pensare al cambiamento della casa di Zaccheo: da casa del pubblicano diventa casa del discepolo, da rifugio dorato frutto di egoismo diventa luogo di una nuova vita domestica illuminata dalla presenza del Signore. Quel giorno la salvezza è entrata per tutti in quella casa.