COMMENTO ALLE LETTURE

1. L’episodio del Vangelo di oggi è molto famoso, ma, dietro al miracolo, si celano una serie di risvolti sui quali raramente ci soffermiamo. Prima di tutto la supplica del lebbroso e la sua completa fiducia in Gesù: “Se vuoi, puoi mondarmi!”. Non a caso la risposta è: “Lo voglio!” ma tra la domanda e la risposta c’è una considerazione dell’evangelista sul fatto che il Maestro prova misericordia per il malcapitato. “Gesù, impietositosi, stese la mano e lo toccò”. Il Salvatore si immedesima sempre nelle pene di quanti lo supplicano. Le nostre sofferenze non lo lasciano indifferente, lo scuotono profondamente e lo spingono a porvi rimedio.

2. Fu guarito immediatamente. Il Signore muta però subito atteggiamento. Marco riferisce che “Gesù lo licenziò severamente, dicendogli: Bada, non dire nulla a nessuno”. Aggiunge poi di seguire la ritualità che la legge mosaica prescriveva. Perché questa riservatezza imposta, peraltro, in modo così perentorio? Sembra quasi che il Salvatore non dia peso a questi miracoli, ritenuti un mezzo, ma non il fine della sua missione terrena. Il suo scopo è un altro. Si farà non solo artefice di alleviare le sofferenze altrui, ma diverrà Egli stesso sofferente per redimere l’umanità intera dalle miserevoli conseguenze del peccato. Allora, però, tutto questo non poteva ancora essere capito.

3. Il lebbroso è comunque di avviso diverso. Non sta più comprensibilmente nella pelle. È troppo grande e inatteso quello che ha ricevuto! Vuole divulgarlo a tutto il mondo e comincia subito a farlo. La conseguenza è facilmente immaginabile: “Gesù non poteva più entrare apertamente in una città”. I malati e i bisognosi di ogni genere accorrevano da lui. Non che non volesse guarirli, ma il senso della sua missione terrena contemplava un disegno di ben altra redenzione. Per questo “se ne stava fuori in luoghi deserti” a pregare e a istruire quanti incontrava. Certamente saranno continuate le guarigioni, dato che “da ogni parte venivano a lui”, ma, con questo distacco formava almeno i più sensibili.

4. Paolo, con la consueta chiarezza, ci propone l’essenza del messaggio evangelico. Non può essere legato agli effetti straordinari. Al contrario esso convive con la quotidianità: “sia che mangiate, sia che beviate o che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto a gloria di Dio”. È questo che converte i lontani, sorpresi dalla normalità di una vita che però sa guardare oltre se stessa. È proprio a quell’oltre che è rivolto il messaggio evangelico. Senza questa prospettiva, in Cristianesimo si ridurrebbe a puro umanitarismo.

5. Occorre, insomma, compiacere a Dio, senza cercare “il mio utile personale, ma quello della moltitudine, affinché siano salvi”. Tutto il resto può essere fonte di scandalo ed è fuorviante per le vie del Signore. A Paolo solo questo sta a cuore e questo dovrebbe essere l’intento di ogni cristiano chiamato a imitare Cristo. Ci viene chiaramente ricordato: “Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo”.

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