COMMENTO ALLE LETTURE

Per comprendere la Bellezza della Parola che il Signore nella sua infinita misericordia anche oggi ci dona, basterebbe andare avanti di un giorno con il calendario liturgico: la Chiesa infatti domani celebra la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce (14 settembre), e ci fa quindi tornare con la memoria della fede al Mistero del Venerdì Santo, al sacrificio salvifico di Cristo in Croce.

In quest’Uomo crocifisso contempliamo l’apice dell’amore di Dio per gli uomini: sopra quel Legno s’incontrano il nostro peccato e il perdono di Dio, e il primo perde potenza - anzi si annulla! - davanti al “settanta volte sette” di Dio, ovvero all’infinita misura della sua misericordia.

Settanta volte sette: proviamo a calcolarlo! Non ce né bisogno: sappiamo già che il risultato è davvero grande.

“Pietro: quanto sei bello! Pietro, quanto sei semplice: con la tua tessera premi di soli sette punti! E poi? Se tuo fratello nella sua fragilità dovesse peccare contro di te un’ottava volta, come la mettiamo? La pazienza ha un limite!Le possibilità sono finite!

Pietro, quanto sei grande: perché infondo, perdonando fino sette volte, forse perdoni più di noi!”.

Noi, che ci nutriamo di Cristo, che “facciamo comunione”, perdoniamo almeno sette volte il “nostro fratello Caino”?

Sì, “almeno sette volte”, perché il Signore alza ancora di più il tiro e ci indica una misura di perdono eccessiva per le nostre sole forze: settanta volte sette!

Non è infatti così automatico perdonare chi ci ha fatto un torto, magari anche grave.

Non è facile perché perdonare non è una conquista umana – come noi purtroppo crediamo - ma un dono divino: nella carità di Cristo, il Padre ha messo nel nostro cuore di carne questa possibilità di vita nuova per noi e per i nostri fratelli.

In Gesù, Verbo incarnato, si esaudisce la preghiera ben espressa dalla Colletta di questa domenica: “O Dio, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia!”.

Per questo è necessario fissare lo sguardo su di Lui, sul suo Mistero di misericordia che si inaugura a Betlemme e trova la sua espressione massima sul Golgota.

Sul patibolo della Croce, Gesù soffre e muore; ma noi cristiani sappiamo bene che la sua storia d’amore con noi ha un’altra gloriosa pagina a seguire: la Resurrezione.

Ecco allora la via maestra che ci offre Cristo! Il nostro perdono per i fratelli che ci hanno offeso passa attraverso le nostre “morti”: morte del nostro “Io” egoista, orgoglioso e anche un po’ vendicativo; morte infondo “di ciò che portiamo dentro” (prima Lettura).

E quale è dunque la prova che davvero abbiamo perdonato? La vita nuova che nasce dalle nostre morti associate naturalmente a quella di Gesù Cristo, e che ha tutte le sfumature dei colori della resurrezione: la comunione, la pace, la fraternità, ecc…

Rileggiamo attentamente la pagina di Vangelo e trasferiamola al nostro vissuto di cristiani: chi è quel tale che deve diecimila talenti al re se non ciascuno di noi ogni volta che si inginocchia in un confessionale con il suo debito d’amore a causa dei propri peccati? Da quella sede il Re del Cielo (santa Chiara) ha compassione di noi e ci condona ogni nostra mancanza, già pagata in precedenza e per sempre dal Figlio crocifisso.

Dalla Croce è scaturito un fiume di grazia e di misericordia che attraverso i canali dei Sacramenti ci lava dalle nostre brutture; e non ci è permesso interromperne il flusso a causa della nostra incapacità a perdonare: “Ricorda l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.” – dice il Siracide.

Dio Padre ci conceda la grazia di ricordare come ci ha amato (e ci ama!) in Cristo, per amare anche noi fino al perdono. E siccome “nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso” (seconda Lettura), in quanto Chiesa, compiamo noi la carità di questa preghiera per chi -vittima del male altrui e distrutto dal dolore -ancora ad abbracciare suo fratello “Caino” non ce la fa, affinché possa presto fare esperienza della bontà e della grandezza del suo Amore: «Benedici il Signore, anima mia».

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