COMMENTO ALLE LETTURE

La paura è il primo frutto del peccato!

Anche se San Paolo nella seconda lettura va dritto alla “morte”, come frutto del peccato, dobbiamo riconoscere che ad essa si arriva, per forza, attraverso il sentiero della paura!

Finché la fiducia in Dio non fu minata dal peccato, l’uomo non conosceva la paura, la prima coppia che conviveva con Dio nel giardino della creazione, Adamo ed Eva, prima del peccato, viveva una fiducia completa e totalizzante col creatore ed anche fra loro. Non esistevano inimicizie, pericoli, nudità che potessero minare la fiducia, perché non c’era la paura né motivo di anche solo pensare ad una “sfiducia”, con Dio e fra di loro. Dal momento del peccato entra nell’uomo il germe della sfiducia, nell’istante in cui, nel libero cervello umano, si è accesa la scintilla della possibilità che Dio sia qualcun altro da colui che si era mostrato loro, con loro, per loro: “allora Dio è un bugiardo, cos’è questa morte dalla quale mi vuole tenere lontano? Ha ragione “quell’altro” (il serpente) vuoi vedere che tutto sto paradiso (giardino!) è solo una scusa per tenerci sottomessi?”. Dopo il peccato il resto lo conosciamo: si comincia con l’avere paura di essere nudi ed indifesi, in primis di fronte all’altro che mi era stato donato, quell’altro che non è più un “dono”, un “aiuto”, ma un peso, qualcuno da cui guardarmi perché mi fa sentire in pericolo anche se è il solo/a che mi è simile, la paura che il mio simile possa anche solo guardarmi come io lo guardo è tale che ci vogliono le coperture, le garanzie - come diremmo oggi - che l’altro non mi faccia male.

Darwin costruì la teoria dell’evoluzione sulla selezione, sulla legge del “più forte” o del migliore, ma l’uomo testimonia come il motore dei suoi progressi, della sua evoluzione, sia messo in funzione dal meccanismo della paura e dei rimedi che ad essa gli uomini mettono in atto per vincerla, inseguendo il sogno di un mondo senza paure. Se oggi sono qui a scrivere probabilmente è perché un mio antenato preferì scappare piuttosto che combattere, o magari perché un altro mio antenato riuscì a reagire prontamente ad un disastro spinto dalla paura di morire, col senno del poi possiamo pure romanzare e far passare per atti eroici le storie dei nostri antenati, ma se essi non avessero avuto paura è più probabile che oggi al nostro posto ci sia qualcun altro! Lo abbiamo imparato bene nei giorni in cui ci siamo e ci hanno costretti in casa a causa di un virus, se non avessimo avuto paura, in primis quella di morire, chi ci avrebbe fermato? Beh si, c’è stato anche il senso di responsabilità, il riconoscimento del lavoro altrui, ma alla fine la paura di essere contagiato o contagiare un caro ci ha fatto accettare un bel sacrificio. Lo vediamo anche in questi ultimi giorni, alla “riapertura”, passata una grande paura alcuni preferiscono combattere altre paure: quella di non contare nella società (… allora vita sociale a go go …), quella di come fare le vacanze, quella dell’economia e del lavoro. I Media hanno imparato molto bene a speculare più sulle paure che dare serenità, e noi stessi abbiamo anche imparato più a diffidare dei messaggi positivi bollandoli come “armi di distrazione di massa”, diffidiamo perfino che un’arma contro la morte e le malattie come il vaccino sia in realtà un veleno che, al contrario di quello che è, ci sta “segretamente uccidendo”. Si dobbiamo ammetterlo, senza la paura ci è difficile anche solo pensare ad un futuro, ci siamo affezionati!

Ma, anche se ci siamo affezionati alla paura, rimane in noi un imperativo esistenziale, una sorta di vaccino: non possiamo fare a meno di cercare di liberarci dalla paura. Ci pensiamo sempre quanto sarebbe bello vivere senza alcuna paura. Si, perché anche se non possiamo fare a meno della paura sentiamo la sua incongruenza, sentiamo che è una cosa che non dovrebbe appartenerci che, in qualche modo dobbiamo combattere per compiere la nostra umanità! Già ma come si fa?

La ignoro? Impossibile! Reagisco col suo contrario, magari in maniera spavalda, negando che essa esista? Ci proviamo sempre, ma torna prima o poi più incalzante che mai! La paura genera anche sofferenza fisica, impossibile distinguere da quella psicologica. La paura delle paure poi rimane sempre lei: la morte!

Come uscirne? O meglio, qualcuno può farci uscire da tutto questo?

Gesù nel Vangelo di oggi ci ripete per ben tre volte “non abbiate paura”, certo ce lo diciamo anche fra noi continuamente, ma Gesù è ben più che uno fra noi e forse faremmo bene a dargli ascolto! Gesù camminava con la Trinità nel Paradiso, chiamava l’uomo che gli rispondeva prontamente! Gesù ci ricorda la bellezza di un creato senza morte, la nostra vera bellezza. Gesù era lì quando la paura divenne la nostra strada verso la bruttezza della morte, Gesù ci ha guardato mentre gli davamo le spalle camminando lontano da Lui. Ma Egli non rimase con le mani in mano abbandonandoci alla nostra strada e decise di vincere tutta la nostra paura, per convertirci di nuovo verso quel paradiso dove dobbiamo ancora camminare insieme, per l’eternità. Mosso da quell’Amore che nulla vuol perdere di quello che ama, venne a guardarci negli occhi mentre lapidario enunciava “non abbiate paura”, di questo, di quello e di quell’altro, di tutto ciò che governa con la paura della morte, perché la morte lui è venuto per ingoiarla e vincerla una volta per tutte. Quando i suoi lo incontrarono Risorto, capirono e gioirono perché non erano più preda della morte e della paura. Capirono che l’unica liberazione è Colui che può solo donare la vita, Gesù non può minacciare, mettere paura, perché la morte non gli appartiene e con essa non può appartenergli la paura. Intendiamoci, fino a che non saremo nel Regno, la paura, in un modo o nell’altro, sarà sempre sulla nostra strada a ricordaci la nostra debolezza, insufficienza, ma vivere una paura sapendo che uno come me, mio fratello, l’ha già vinta, e con lui la vincerò anche io, è tutta un’altra cosa.

Gesù nel rivelarci definitivamente e senza dubbi il Padre distrugge ogni inimicizia e sfiducia, la vittoria sulla morte, la sua Resurrezione, è l’evento sconvolgente che vince ogni paura e sana ogni distanza che possiamo aver preso praticando il peccato. L’unica paura che dobbiamo avere è di non appartenere a quest’amore salvifico, che è sempre pronto ad abbracciarci e darci la vita. Dio Padre è l’unico che potrebbe farci perire, anima e corpo, ma è anche colui che non lo farà mai perché non agisce con le armi della paura ma dell’attrazione amorevole: questo è il messaggio che oggi dobbiamo annunciare dopo averlo inciso nei cuori, questo dobbiamo gridare perfino dai tetti!

Smettiamola di agire per paura che qualcuno o qualcosa ci tolga la vita, cominciamo ad agire perché qualcosa di più grande e onnicomprensivo anima la nostra fiducia, un amore più grande -il più grande!-anima le nostre esistenza e le esistenze altrui, arrendiamoci all’unico fatto vero che i figli di Dio tengono in tasca e nessuna paura gli potrà mai rubare, per dirla come ci amava ripetere Chiara Corbella: siamo nati e non moriremo mai più!

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