PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

di Gigi Avanti


Quante volte nella vita cerchiamo rassicurazione, conforto, aiuto in quei frangenti che sembrano toglierci la terra sotto i piedi.
Quante volte non sappiamo più dove sbattere la testa per trovare il capo della matassa ingarbugliata degli eventi.
A maggior ragione quando quegli eventi ci sono capitati addosso senza nostro volere e quei problemi non ce li siamo andati a cercare.
Cerchiamo soluzioni a problemi non creati da noi, cerchiamo spiegazioni che ci possono recare sollievo e, non di rado, non trovandole, cadiamo nello sconforto prendendocela con il “destino”.
Ci succede, così facendo, di trascinarci per lungo tempo nella vita oscillando tra disperazione e  rabbia, tra recriminazione e malinconia… senza magari mai provare a pensare che la soluzione a portata di anima c’è e consiste proprio, paradossalmente, nel rifiutare di voler “capire” tuffandoci mente e cuore nello spazio infinito del mistero.
“L’ultimo passo della ragione è quello di ammettere che vi sono cose che la superano” è stato scritto da qualcuno.
Tuffarsi nello spazio del mistero convinti che Dio non crea problemi, ma regala doni e consapevoli del fatto che una realtà diventa problema quando non la si accetta come tale o come dono…

Il brano del vangelo di Luca, conosciutissimo e commentatissimo, parla da solo e di colpo ci colloca a quel livello spirituale dove sembrano del tutto fuori luogo tentativi di aggiustamenti e di razionalizzazioni di carattere psicologico… quando si è alle prese con un problema.
Maria non cerca “spiegazioni” razionali dall’arcangelo Gabriele che gli riferisce la proposta dell’Altissimo, ma chiede semplicemente “rassicurazione” al turbamento intimo della sua anima.
E la risposta di Gabriele a questa sua richiesta è di quelle che lasciano senza fiato: “Nulla è impossibile davanti a Dio”.
Questa espressione, in grado di far scolorire le nostre sterili espressioni di rassicurazione e di conforto quando siamo alle prese con persone da rassicurare… “non si preoccupi, non è niente, tutto si risolve”…, questa espressione, presa da sola potrebbe dare l’idea di un Onnipotente dispotico che ha già deciso tutto sulla testa della vergine Maria…
E invece no, perché andando avanti nella lettura del brano si scopre un Dio che sta tra le quinte, un Dio discreto e delicatissimo in silenziosa attesa della risposta della vergine. un Dio sul quale smetterla di pensare con i nostri pensieri, perché “Dio delude sempre chi se lo immagina a modo suo” è stato scritto. O, meglio ancora, un Dio da ammirare nel silenzio dell’anima in modo “da pensare a Dio senza l’aiuto dei pensieri” come diceva santa Teresa d’Avila.
Che è quello che ha fatto la vergine dando quella risposta, anche questa da lasciare senza fiato, dalla quale è scaturita la possibilità di salvezza per tutta l’umanità: “Ecco l’ancella del Signore, avvenga di me secondo la tua parola”.

Certo, la “sviolinata”, si fa per dire, dell’arcangelo fatta a Maria nel presentare la proposta dell’Altissimo di accettare di passare da “ragazza-vergine” a “ragazza-madre” (e mi si perdoni  l’espressione) può aver indotto tale risposta, ma come è salutare pensare che tutto sia stato previsto per il nostro bene eterno!
Allora si comprende un’altra verità, se si collegano tra loro le due espressioni, quella dell’arcangelo “nulla è impossibile davanti a Dio” e quella della Vergine “ecco l’ancella del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” e cioè che Dio non ama fare le cose da solo, pur potendole fare, ma, come vuole l’umile amore che caratterizza ogni suo atto, cerca collaborazione, coinvolgimento, adesione, partecipazione per la realizzazione di quel che ha in mente di fare.
E non potrebbe bastare meditare su questa sua determinazione e delicatezza d’amore nel volerci coinvolgere nella realizzazione del suo piano di salvezza a dare quiete all’animo inquieto e problematico dell’uomo d’oggi sempre così lacerato dai problemi “esistenziali”?
Non potrebbe bastare, per uscire dal groviglio dei problemi, ricordare che effettivamente “siamo nella mani di Dio” e affidarsi totalmente a Lui.
Non potrebbe bastare ricordarsi quotidianamente questa espressione curiosamente paradossale: “Dio esiste… rilàssati… non sei tu!”?


SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

di Andrea Lonardo


Come ha recentemente scritto Ermes Ronchi, nell’evento dell’annunciazione siamo dinanzi all’unico caso nella storia della salvezza nel quale un essere umano ha l’ultima parola dinanzi a Dio. Ed è una donna ad essere al centro di questo evento. Colei che permette a Dio di venire nel mondo è una donna. Straordinaria questa verità. Dio si lega alla risposta di una donna. Non si può oltrepassare la libertà di questa donna. Essa obbedirà al Signore, ma obbedirà per libera scelta, senza che nessuno possa imporglielo, solamente per fiducia e per amore.

E non è una qualsiasi donna. È Maria di Nazaret. Concretezza assoluta dell’unicità della storia della salvezza. La venuta di Dio nel mondo si compie lì e non dappertutto. La salvezza sarà dappertutto, solo perché prima è stata lì. Se non fosse stata prima lì, semplicemente non sarebbe stata. Come ha insegnato il Concilio Vaticano II, la chiesa afferma senza esitazione la storicità dei vangeli, poiché essi trasmettono fedelmente quanto Gesù operò ed insegnò (Dei Verbum 19).

San Bernardo, in un testo straordinario, esprime poeticamente l’attesa di quel sì, il pendere della storia intera da quelle labbra:

«Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita.
Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e David; te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati, i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte. Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano.
O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo, anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli la Parola divina, emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna. Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, da' il tuo assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà nella parola.
Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso.
"Eccomi", dice, "sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38)»
(dalle Omelie sulla Madonna, di san Bernardo, abate, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54).

Cosa aggiunge la festa dell’Immacolata concezione di Maria a questo evento che tante volte contempliamo nelle solennità dedicate a Maria? Quale dimensione specifica sottolinea?

Pone dinanzi agli uomini il fatto che Maria sia “piena di grazia”. Ci invita a riflettere su questa espressione che ripetiamo ogni volta nella preghiera dell’Ave Maria: “Ave, piena di grazia”. “Immacolata” vuol dire “semplicemente” “piena di grazia”. È la “semplicità” a cui tende tutta la creazione, a cui aspira ogni figlio d’uomo. Vincere il peccato, non esserne schiavo, esserne libero. Nella consapevolezza che questa non è opera della determinazione volontaristica e della capacità umana, ma è evento che si può compiere solo per opera di Dio, grazia che non può provenire se non dalla grazia.

Maria è “piena di grazia” perché è gravida, nello Spirito, della divinità del Figlio che si fa carne. È piena di grazia, perché Dio è contenuto in Lei. Una famosissima chiesa di Istanbul/Costantinopoli, l’unica nella quale si è conservata gran parte della decorazione in mosaico ed in affresco dopo le devastazioni iconoclaste seguite alla conquista della città da parte delle armate turche, si chiama S.Salvatore in Chora. Ed in essa, Gesù è venerato come “Chora ton zonton”, cioè “dimora dei viventi” e Maria come “Chora tou Achoretou”, cioè “dimora di Colui che non può essere contenuto in alcun luogo”. Maria è piena di grazia, è “piena di Lui”, “piena di Dio”.

In vista di questa pienezza, Dio ha voluto che Maria non conoscesse peccato, che fosse preservata dal peccato originale. Essa è “piena di grazia” anche perché il suo cuore non si è mai volto al peccato, ma, a differenza di Eva e di tutti gli altri figli dei primogenitori, sempre si è abbandonata in libera fiducia di amore al suo Signore.

Un particolare della nuova traduzione CEI lo mette in mostra in maniera precisa. All’angelo che si rivolge a lei, Maria risponde: “Come avverrà?”. La vecchia traduzione recitava: “Come è possibile?”, ripetendo, con versione imprecisa, il “Come potrò mai conoscere questo?” (Lc 1,18) di Zaccaria.

Invece il testo recita: “Come avverrà?” (in greco “pos estai?”). Cioè non se sarà mai possibile, ma semplicemente “come”. Si potrebbe parafrasare: “Io credo al tuo annunzio; poiché viene da Dio. Non ho dubbi che ciò avverrà. Può solo la tua gentilezza dirmi in quale maniera, per quale via, di modo che io possa prepararmi a questo?” . Zaccaria non crede e, perciò, diviene muto. Maria, nella sua pienezza di grazia, subito si affida e vuole sprofondare nel mistero, contemplandolo più in profondità (e per questo parlerà!).

Distinzione preziosa che permette di vedere come non sia il dubbio ad essere la caratteristica del credente, bensì la ricerca ulteriore, che si radica nella certezza della fede. Come ha insegnato il cardinal Newman se la persona ponesse in dubbio la fede, non sarebbe ancora credente. Proprio come un uomo che non fosse sicuro del suo amore nel matrimonio: distruggerebbe la propria famiglia.

Eppure questa certezza, questa rocciosità semplice della fede è cosa ben diversa da un placido possesso, da uno scontato mettersi in saccoccia una cosa scontata. L’amore vuole sempre andare oltre, la fede vuole sempre conoscere di più ed amare di più. E sempre domanda: “Come avverrà?”. Domanda che nasce dall’amore di chi sa che una risposta giungerà da Dio e dalla sua fedeltà. Fede che, proprio perché è fede, ha l’audacia della domanda. Fede che sa che la nuova chiamata di Dio non può che avere un fine: “Rallegrati”. Così traduce, ancora una volta correttamente, il “kaire”, il “Ti saluto”, l’“ave” dell’angelo a cui siamo più abituati.

Ecco l’Immacolata Concezione”. Maria è l’unica, insieme al suo Figlio, a non aver conosciuto il peccato. Ma insieme ci rappresenta tutti, poiché noi camminiamo per essere senza peccato, per vincere quella diffidenza che il male ha posto nel cuore e ritrovare il nostro abbandono di figli.

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