* Prima di leggere e meditare insieme il vangelo di oggi credo sia importante richiamare alcuni punti essenziali che è bene tenere sempre a mente ogni volta che leggiamo-meditiamo una
parabola.
- Le parabole desiderano “ provocare ” la nostra mentalità : la nostra logica viene messa a confronto con quella di Dio , che è, e per fortuna resterà sempre, una logica “altra” . Gesù “usava” le parabole per “ fornire ”
delle motivazioni che spingessero alla conversione (al rinnovamento della mentalità).
Quando si leggono le parabole bisogna sempre domandarsi: “Dov’è la buona notizia?”:
·
“ notizia ” = qualcosa che io non conosco e che mi apre ad una nuova conoscenza;
·
questa notizia poi è un vangelo , una buona notizia , una notizia che deve rendermi felice perché mi mostra qualcosa di inedito ,
inaspettato … mi apre allo stupore , talvolta addirittura corre il rischio di “scandalizzarci” (perché scardina il nostro modo di pensare… scomodandoci!), ma come ha detto Gesù: “beati coloro che
non si scandalizzano di me!” ).
* Un’ulteriore precisazione per capire meglio quanto abbiamo ascoltato.
L’evangelista Luca su un totale di 29 parabole , ben 25 le colloca lungo la salita di Gesù verso Gerusalemme! E questo per farci comprendere che le parabole devono essere come un insegnamento per vivere
fino in fondo la sequela del Signore . Se non si capiscono (ed interiorizzano) le parabole, sarà difficile arrivare fino a Gerusalemme e riuscire a sostare, con Maria e il discepolo amato, sotto la croce. Se gli insegnamenti
di Gesù non divengono vita, anche noi, come i primi discepoli, vivremo l’amara esperienza della diserzione e del rinnegamento.
* La prima parabola di questo viaggio verso Gerusalemme è proprio quella del
“buon samaritano, quasi a dirci che quando uno inizia la sequela deve avere ben chiaro il suo amore per Dio e per il prossimo .
È rivolta , in particolare, al legalista , a colui che vive un’osservanza formale e riduce la fede ad un
insieme di precetti da assolvere, perché riesca a vedere l’amore di Dio come amore rivolto ai piccoli-poveri-bisognosi. Egli è uno che, tutto teso nello sforzo di amare Dio e il prossimo, giustamente si chiede:
“Ma a me chi vuol bene?”. Sembra che si possa tradurre meglio così la sua domanda . La risposta di Gesù la volge comunque in tal senso. Il problema del legalista non è quello di individuare chi è da
amare: tutti sono da amare, bensì “chi mi ama”. Infatti nessuno può amare né sé, né l’altro, né Dio, se prima non ha sperimentato la vicinanza di chi lo ama (da notare che lo sposo e la
sposa del Cantico si chiamano reciprocamente col nome di “ vicino ”, tradotto in italiano con la parola amico-diletto).
* La parabola usata da Gesù è un racconto esemplare , infatti, si conclude
con “ fai questo e vivrai ” . La struttura è molto semplice: 3 scene
§
un uomo percosso dai briganti
§
un uomo evitato dal sacerdote e dal levita
§
un uomo aiutato da un samaritano (che fa tutto per lui)
Ma il racconto di Gesù scaturisce da una domanda che gli viene posta e che l’evangelista giudica provocatoria… mi sono spesso
chiesto cosa abbia spinto s. Luca a dare questa interpretazione. Noi sappiamo che già nell’Antico Testamento c’era stata l’ esigenza di radunare in uno tutti i comandamenti (erano ben 613 le prescrizioni
che ogni pio israelita era chiamato ad osservare!) e che questa necessità si era fatta più pressante nel giudaismo. I rabbini cercavano di riassumere, schematizzare questo lungo elenco: cfr. Salmo 115 “venne Davide
e li ridusse in sette”, il profeta Michea li ridusse a 4, poi venne Abacuc e li ridusse ad uno: “ il giusto per la fede vivrà ”; quasi a dire che se uno ha davvero la fede vive tutti i
comandamenti. Forse, allora, la domanda di quell’uomo non era poi così peregrina e provocatoria!
* Dopo queste abbondanti (spero utili) premesse, entriamo nella lettura vera e propria della
parabola:
“Un uomo scendeva…” : un uomo sta percorrendo la strada che da
Gerusalemme scende verso Gerico. Un percorso non molto lungo (12 km) ma insidioso: c’è un tratto in cui la strada scende in mezzo a delle gole (le cosiddette “Rocce di sangue”). Alcuni commentatori ne fanno una lettura
allegorica : è il cammino di Adamo che va lontano e si nasconde da Dio… in questa fuga, l’uomo cade nelle mani del nemico che dopo aver colpito se ne va, abbandonandolo mezzo morto.
“dei briganti” lo assalgono, lo picchiano, lo derubano: c’è così
un uomo che diventa un povero, bisognoso di tutto…
“Un sacerdote… un levita” scendono per la stessa strada ma, avendolo
visto, passano dall’altra parte, vanno oltre . Questi due personaggi che dovevano essere modelli, interpreti della Legge, non fanno nulla. È vero, come prescriveva AT (Num 19, Levitico 1), che un sacerdote che
toccava del sangue (“un morto”) diventava impuro e, quindi, non poteva più officiare il culto, ma qui è da notare che questi uomini non stanno salendo bensì scendendo da Gerusalemme !
Questi uomini mancano di misericordia > Osea 6, 6: “Misericordia voglio e non sacrificio” . Ecco, allora, che la parabola destabilizza, Gesù voleva scuotere le autorità religiose del suo tempo!
“Un samaritano” : per gli ebrei i samaritani erano peggiori dei pagani
(non riconoscevano né il Tempio né il sacerdozio di Gerusalemme, avevano solo il Pentateuco, non accoglievano i profeti, avevano un tempio sul monte Garizim dove celebravano un culto misto a magismo). Va, inoltre, notato che
poco prima Gesù non era stato accolto dai samaritani e, nonostante ciò, nella parabola sceglie come figura esemplare proprio un samaritano.
Il samaritano fa tutto : Luca evidenzia 7 azioni per dire “tutto” ! (vede – si commuove – si avvicina – fascia le sue ferite – versa olio e vino – corica sul giumento – conduce alla locanda > in una
parola: si prende cura).
“lo condusse nella locanda (pandocheion = tutti-accoglie)” : l’albergo
che tutti accoglie è figura di Gesù che, nel suo cammino verso Gerusalemme, raccoglie e ospita tutti… è la casa di Maria , posta tra Gerico e Gerusalemme, dove è accolto lui stesso e dove, dopo la sua
dipartita, i discepoli si ritrovano con Maria… In questa casa chiunque è nel bisogno trova ospitalità, pagata in anticipo dal samaritano… quell’ostello dovrebbe essere la Chiesa!
“Il giorno dopo…” ci sono altri 7 verbi che stanno ad indicare la cura del samaritano verso quell’uomo incappato nei briganti. È lo stesso “tutto” di cui si parla nel caso della vedova che nel tesoro del tempio
“getta tutto quanto aveva per vivere…” , o nel caso dell’unzione di Betania: “questa donna ha fatto tutto per me..” .
* Insegnamento : dal prossimo oggetto, al prossimo soggetto . Gesù capovolge la
situazione: da “ chi è il mio prossimo? ” a “ chi si è fatto prossimo? ” . Il vero problema non è “chi è il mio prossimo” ma “a chi io faccio da prossimo, a chi sono vicino?”. Isidoro di Peluria dice: il tuo
prossimo è colui che ha bisogno di te . La grande verità a cui ci chiama il vangelo è quella che ci fa dire che un cristiano vero è colui che è pronto ad amare il suo prossimo … prima di conoscerlo!
Chi è il samaritano della parabola? È Gesù stesso: il vero modello è lui, che si è fatto “ samaritano ” pur di venire in mezzo a noi.
Questa parabola è una miniatura di quel volto di Dio rivelato nell’Antico Testamento e che Gesù riflette pienamente nel suo.
L’evangelista Marco riporta questa “controversia” sul tema dell’amore fraterno in un episodio avvenuto a Gerusalemme e, citando Dt 6, 4-5 e Lev 19, 8 sul legame amore Dio-prossimo,
centra il problema su: quando un ebreo dice “mio prossimo” cosa-chi deve intendere?