Riflessioni sulle Letture della Liturgia
30 marzo 2003
IV Domenica di Quaresima - Anno B
di
Gigi Avanti
Occorre vederci chiaro, bisogna aprire bene gli occhi sulla
realtà, occorre fare piena luce
Sono
queste, più o meno, le espressioni usate quando si vive in una situazione di confusione o
di incertezza sul da farsi. Sono espressioni che incoraggiano la prudenza, che inducono a
un discernimento attento, che avvertono dellimportanza di una situazione. Tanto più
la posta in gioco è importante quanto più serve occhio e chiarezza. Ma perché
locchio possa cogliere con chiarezza una situazione reale occorre la luce, occorre
cioè una terza realtà che non è né la capacità visiva, né la situazione da vedere.
Se questo è vero sul piano materiale ed esistenziale lo è ancor di più sul piano
spirituale ed è quanto ci propone il vangelo di oggi.
La posta in gioco è delle più
alte perché riguarda il destino delluomo allo stato puro, non riguarda cioè il
destino dei propri averi o dei propri sogni, ma la riuscita integrale della nostra
esistenza secondo il sogno di Dio
La posta in gioco è altissima
quindi e non consente tatticismi, tentennamenti, equilibrismi. Serve uno schieramento
preciso e Giovanni, con la sua logica spirituale stringente, descrive i tre elementi che
lo rendono possibile: cè una realtà da cogliere consistente
nella salvezza operata da Dio circa il destino delluomo, cè la capacità
di coglierla consistente nel dono della fede e cè la luce che
collega queste due realtà consistente in Gesù in persona.
Quando non si verifica la
simultaneità di questi tre elementi può accadere lirreparabile, può accadere
cioè di incappare nella condanna. Fa un po impressione infatti sentire Giovanni
affermare al riguardo ma chi non crede è già condannato e la causa della condanna
sta in questo, che la luce è venuta nel mondo ma gli uomini preferirono le tenebre alla
luce perché le loro opere erano cattive.
Il destino di condanna non è
però una fatalità che capita tra capo e collo e neppure è ascrivibile alla volontà
capricciosa di un Dio invidioso, ma è imputabile alla deficienza spirituale
delluomo
Un Dio che ama il mondo al punto da mandare consapevolmente al macello
come unico colpevole il suo unico figlio potrà essere curioso, enigmatico, paradossale,
sconvolgente, misterioso, ma mai cattivo. Un uomo invece che di fronte allevidenza
della luce preferisce usare gli occhi per non vedere (hanno gli occhi e
non vedono) o preferisce addirittura a dissertare sulla non proprio assoluta
negatività delle tenebre fino a crederle magari un particolare tipo di luce, questo uomo
non è certamente sano dal punto di vista funzionale (non riconoscere che le proprie
opere sono cattive è attribuire alla tenebra valenza di luce
).
Deve
essere ben grave infatti non accorgersi della luce, ma ancor più grave è
preferire di chiudere gli occhi per poter dire che la luce non esiste. E qui
siamo nel buio fitto del mistero del male dal quale è possibile tuttavia uscire con un
balzo solerte e fiducioso, liberando dagli anfratti più profondi dellanima
lurlo intenso Signore fa che io veda.