Il 26
settembre scorso il mondo ha esultato nell’apprendere che era stato firmato
l’accordo di pace tra il governo della Colombia e le Forze Armate Rivoluzionarie
della Colombia (FARC). Finalmente si concludeva la trattativa durata quasi
quattro anni, sotto gli auspici del regime di Cuba e la partecipazione anche di
papa Francesco, per porre fine al conflitto armato più antico dell’Emisfero
Occidentale durato 52 anni con almeno 220 mila morti, 45 mila dispersi e quasi 7
milioni di sfollati.
Quest’evento mi ha colpito, dantomi l’opportunità di meditare sull’inutilità
delle guerre: era proprio necessario arrivare a una simile catastrofe prima di
accorgersi che si poteva trattare? Ma purtroppo non era finita. Il 2 ottobre
successivo, nel referendum indetto al fine di ratificare il trattato firmato per
deporre le armi, il popolo colombiano ha votato NO alla pace. Ma allora è
proprio vero che l’umanità non potrà mai porre fine alla guerra fino a quando la
guerra non porrà fine all’umanità. Fermiamoci un attimo sulla Colombia per
cercare di capire perché la maggioranza del popolo abbia detto NO alla pace e,
da questo esempio, allarghiamoci su un discorso più generale sulla guerra e
sulla pace.
Queste alcune motivazioni della vittoria del NO dichiarate dagli analisti: una
delle cause potrebbe essere l’astensionismo (oltre il 60%), un’altra le troppe
condizioni di favore concesse alle Farc, un’altra il fatto che chi ha votato non
ha vissuto la guerra sulla propria pelle ma l’ha vista solo in televisione (gli
orrori delle guerra li hanno sofferti soprattutto le aree rurali), un’altra
ancora che l’unico modo di terminare il conflitto sia quello di distruggere
militarmente le Farc. Vi sembrano spiegazioni sensate?
A me no. Come si fa a non andare a votare per un simile quesito: scegliere tra
la guerra e la pace? La pace non ha prezzo, non si possono misurare col
bilancino le condizioni concesse alle Farc che sono derivate da una trattativa
durata 4 anni. Ma per scegliere di vivere in pace bisogna veramente essere stati
sotto le bombe? E infine, ma come si può considerare, dopo 52 anni di guerra,
che per porvi fine sia necessario continuarla. Quanto sono appropriate in questo
senso le parole di Leone Tolstoj: "Come non si può spegnere il fuoco con
il fuoco, nè asciugare l'acqua con l'acqua, così non si può eliminare la
violenza con la violenza".
Allora si deve concludere che il problema sia proprio quello che la guerra è
parte inseparabile della vita dell’umanità e che non si protrà mai liberarsene.
E’ brutto ammetterlo, ma non si può negare l’evidenza: il genere umano deve
sempre convivere con l’eterna lotta tra il bene e il male. Infatti, sebbene nei
secoli ci sia stata una nutrita schiera di pacifisti, le guerre non si è
riusciti ad eliminarle e forse non ci si riuscirà mai. Al massimo si riesce a
malapena a sospenderle per qualche anno. Mi ha colpito una bella frase di uno
storico greco del V secolo a.C., Erodoto: “Non esiste uomo folle al punto
di preferire la guerra alla pace. In pace i figli seppelliscono i padri, in
guerra sono invece i padri a seppellire i figli”.
Eppure i folli esistono e come! Per noi cristiani, stare tra quelli che
sostengono le guerre, addirittura significa contravvenire all’insegnamento di
Gesù Cristo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli
di Dio”. Sicuramente nessuno può essere considerato più pacifista di Lui
se è riuscito anche a dire: “Voi avete udito che fu detto: ‘Occhio per
occhio e dente per dente’. Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se
uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; e a chi vuol
litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno ti
costringe a fare un miglio, fanne con lui due”.
Nonostante, prima e dopo Cristo, grandi personaggi si siano battuti per
diffondere la pace nel mondo, i risultati sono stati deludendi se non
addirittura nulli. Prendiamo, ad esempio, ciò che le grandi nazioni hanno
scritto nel preambolo allo Statuto dell’ONU: “Noi,
popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello
della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato
indicibili afflizioni all'umanità, a riaffermare la fede nei diritti
fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella
uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e
piccole”.
L’ONU, dagli anni dalla sua costituzione ad oggi, è riuscita a portare la pace
nei tanti conflitti sparsi in tutta la terra? Molto raramente; tanto è vero che
papa Francesco è dovuto intervenire per denunciare che nel mondo è in atto una
terza guerra mondiale. E allora cosa si può fare per evitare quello che dicevo
in apertura: che l’umanità e la guerra finiranno, ma insieme. Forse l’unico
antidoto alla guerra sono i valori spirituali che purtroppo abbiamo relegato in
fondo alla scala delle priorità che condizionano il vivere insieme, come
sostiene Ralph Bunche (premio Nobel per la pace nel 1950): "Grazie
al loro genio scientifico, gli uomini hanno trasformato il mondo. Hanno
sfruttato la natura e prodotto grandi civiltà; ma non hanno mai realmente
imparato a vivere assieme. Hanno creato soprattutto dei valori materialistici e
i valori spirituali sono stati relegati sullo sfondo. Nell'era atomica, questa
potrebbe rivelarsi la debolezza fatale dell'umanità".
Allora bisogna assolutamente imparare a vivere assieme e lo dobbiamo
fare partendo dalla famiglia e in questo senso, per andare in questa direzione,
potranno aiutarci le parole di San Giovanni Paolo II: "La pace può essere
soltanto il frutto di un cambiamento spirituale, che inizia nel cuore di ogni
essere umano e che si diffonde attraverso le comunità. La prima di queste è la
famiglia". Anche papa Benedetto ha ribadito con forza nel suo primo
libro su Gesù che “La discordia con Dio è il punto di partenza di tutti
gli avvelenamenti dell’uomo; il suo superamento costituisce il presupposto
fondamentale della pace nel mondo. Solo l’uomo riconciliato con Dio può essere
riconciliato e in armonia anche con se stesso, e solo l’uomo riconciliato con
Dio e con se stesso può portare la pace intorno a sé e in tutto il mondo”.
Anche in ambito laico, sulla scia degli insegnamenti di Gandhi o di Martin
Luther King o di Nelson Mandela, sta penetrando la convinzione che la pace non
sia solo la mèta di un obiettivo di autentica liberazione, ma anche il metodo da
seguire passo dopo passo, partendo dalle singole persone, proseguendo dalla
famiglia e dalle piccole comunità, per arrivare alla convivenza pacifica delle
nazioni, speriamo anche noi che sia così e … mettiamoci in cammino! Per chiudere
con una buona notizia è doveroso segnalare che il Nobel per la pace quast’anno è
stato assegnato proprio al Presidente colombiano Santos. Penso sia un segnale
ben augurante.
Roma, 1 novembre
2016 Gian Paolo Di Raimondo
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