AMORIS  LAETITIA

 

 

 

 

l’Esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore nella famiglia”

Un nuovo atteggiamento verso i problemi, nel rispetto della persona, nel segno della misericordia di Dio

 

 

 

L’esortazione apostolica, l’Amoris laetitia (AL), pubblicata il 19 marzo 2016 in occasione della solennità di San Giuseppe, ha creato tante di quelle reazioni - positive e negative - nel nostro mondo cattolico che infine, anche se in ritardo, mi sono sentito spinto ad offrire il mio modesto contributo. Ovviamente oggi ho la possibilità di riportare qualche autorevole voce di giudizio pro e contro.

L’AL è un documento che il Papa ha elaborato seguendo le Proposizioni che il Sinodo dei vescovi ha prodotto nei due ultimi Sinodi - uno straordinario e uno ordinario - con due relazioni conclusive, deno­minate rispettivamente Relatio Synodi e Relatio Finalis. Quest’ul­tima è stata approvata integralmente con la maggioranza quali­ficata dei 2/3 dei Padri sinodali. Nella sua Esortazione, papa Francesco ha valorizzato ampiamente la Relatio Finalis, accogliendone sostanzialmente non soltanto alcune ci­tazioni, ma l’impostazione generale e l’approccio ai problemi. Nella gerarchia dei documenti papali, in ordine d’importanza, l’Esortazione Apostolica viene dopo la “Costituzione apostolica” e l’“Enciclica”, seguono la “Lettera apostolica” e il “Messaggio”. In tutti questi documenti, dunque, è contenuto il magistero del Papa, a vari livelli. Ma quando questo magistero può essere davvero portatore di una novità? Quando l’insegnamento del Papa è infallibile? Al di là della natura del documento, si deve ricordare che la dottrina della Chiesa insegna che il Papa è infallibile quando parla da solo ex cathedra o in unione con i vescovi nel Concilio. Un pronunciamento è infallibile se risponde a tre requisiti. Ovvero: che il Papa parli in quanto Papa e pastore della Chiesa universale; che si esprima su fede o costumi; che il modo in cui esprime deve essere solenne e definitivo, con l’intenzione di obbligare tutti i fedeli. Se una di queste condizioni manca, il Magistero è comunque autentico, ma non infallibile. L’Amoris laetitia è quindi espressione di un esercizio non infallibile del magistero papale. Infatti, papa Francesco scrive: “dal Sinodo o dalla Esortazione non ci si poteva attendere una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi.  E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché il grado di responsabilità non è uguale per tutti i casi, le conseguenze e gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi. Nonostante queste premesse, molte sono state le critiche al documento, addirittura sembra che sia stato emanato un documento firmato da 45 prelati cattolici e alcuni teologi che, considerando l’esortazione contenente “una serie di affermazioni che possono essere comprese in un senso contrario alla fede e alla morale cattoliche”, chiedono ai componenti del Collegio dei Cardinali che, nella loro veste di consiglieri ufficiali del Papa, si rivolgano al Santo Padre per ritirare o correggere le proposizioni da loro ritenute erronee del documento. Da notare che, al solito, le reazioni contrarie provengono ancora una volta dall’interno della comunità ecclesiale che digerisce malamente e troppo lentamente la realtà dei tempi in cui viviamo. A mio avviso, invece, la caratteristica particolare che contraddistingue la religione cattolica e le conferisce una posizione unica rispetto alle altre confessioni monoteiste, è proprio quella di una Chiesa che sa fare proprie le istanze autentiche contenute nel pensiero moderno. E ciò lo dobbiamo al Magistero e al Papa: è merito loro se oggi la Chiesa si può avvalere degli atti del Concilio Vaticano II (Costituzioni, Dichiarazioni e Decreti) e di tutti gli altri documenti papali per evitare che la nostra fede si ponga in contrasto con l’evoluzione culturale, scientifica e del costume. Vorrei citare a questo proposito la dichiarazione di don Flavio Peloso, superiore generale dell’Opera don Orione, a proposito all’Amoris laetitia”: “Che bella questa Chiesa che dalle solide mura dottrinali della sua casa edificata sulla Roccia esce misericordiosa e si fa prossima a tutti, senza scartare nessuno, tanto meno in nome di Dio e di quel bene che tanto ama”.

Ora passiamo ad analizzare i punti sulla famiglia, trattati dal Sinodo e ripresi dal Papa nella sua Esortazione, su cui si concentravano le maggiori aspettative di cambiamento da parte della comunità cattolica, mi riferisco al matrimonio civile e la convivenza, ai divorziati e alla comunione possibile per quelli risposati (tralascio volutamente il problema dell’omosessualità in quanto l’AL non dice una parola chiave, ma il testo in alcuni passaggi fa solo intravedere una piccola e lenta maturazione e fa trasparire la tensione esistente nell’ambito della Chiesa). Data la lunghezza e la complessità dell’intero documento mi limiterò quindi a commentare solo il Capitolo ottavo. “La Chiesa – scrivono i Padri sinodali e l’Esortazione lo riprende – deve accompagnare con attenzione e premura suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta” [313]. E papa Francesco aggiunge: “Non dimentichiamo che spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo”. Per il solo matrimonio civile e la convivenza si raccomanda ai Pastori di entrare in dialogo con tali persone al fine di promuovere il matrimonio cristiano. La strada della Chiesa è quella della misericordia e dell’integrazione, e non quella della condanna definitiva, “sono da evitare giudizi che non tengano conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” [327]. Poi c’è la parte riguardante i divorziati che vivono una nuova unione che necessitano secondo il Papa – accogliendo le considerazioni dei Padri sinodali – un adeguato discernimento personale e pastorale e “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane … Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti” [334] . Ma allora la porta alla comunione possibile per i divorziati risposati si è definitivamente aperta? Io credo di no, al massimo si è socchiusa, nell’AL papa Francesco invita a sospendere la rigidità del passato, affermando che non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante, ma anche in questi casi invita il Pastore che vive accanto a loro a valutare caso per caso la situazione e decidere in merito. A me sembra comunque un passo avanti della Chiesa per porsi in armonia con le nuove richieste della società civile. Che ne dite, possiamo accontentarci?

                                        

                                                Roma, 1 ottobre 2016                                 Gian Paolo Di Raimondo