COSTRUIRE PONTI, ABBATTERE I MURI

L’EUROPA DEVE ESSERE UNITA


 


 

 


 

 

Che ti è successo, Europa?

 

 

 

 

Venerdì 6 maggio scorso è stato consegnato in Vaticano a papa Francesco il premio internazionale Carlo Magno d’Aquisgrana: erano presenti tutte le più importanti personalità del Comitato direttivo dell’Associazione e della Comunità europea. E ancora una volta il Papa ha colto l’occasione per strigliare l’Europa in tema di accoglienza e integrazione dei profughi che sono costretti a lasciare i  paesi d’origine assieme alle loro famiglie per salvarsi da morte certa.

Mi piace iniziare questo mio breve resoconto con le parole di papa Francesco che mi hanno maggiormente colpito e che egli ormai ripete da tempo e lo ha fatto anche nel parlamento europeo. Il suo giudizio è di “un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice”. Si è anche lasciato andare, poi, ad un accorato appello all’Europa che sta tradendo le sue basi culturali e democratiche. “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?  Che cosa ti è successo Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli”. Con questi interrogativi e richiamandosi al concetto di “famiglia di popoli” che è stato il fondamento del progetto dei Padri fondatori, ha esposto la sua idea di “aggiornare l’Europa” con una vitale “trasfusione di memoria”. Citando Elie Wiesel, lo scrittore sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, ha teorizzato che oggi “è necessario fare memoria, prendere un po’ di distanza dal presente per ascoltare la voce dei nostri antenati”. Solo così, un tale approccio “non solo ci permetterà di non commettere gli stessi errori del passato, ma ci darà accesso a quelle acquisizioni che hanno aiutato i nostri popoli ad attraversare positivamente gli incroci storici che andavano incontrando”. L’Europa deve essere capace di creare un nuovo umanesimo basato su tre capacità: La capacità di dialogo, la capacità di integrazione e la capacità di creare qualcosa. E questo concetto lo ha ribadito anche nel colloquio avuto con la Cancelliera Angela Merkel, la quale ha dichiarato di aver apprezzato la parole del Papa, confermando, al termine del colloquio, la sua condivisione dell’auspicata “sana convivenza” dei popoli europei da Lui sognata. Ma dall’integrazione dei popoli europei, nel suo lungo discorso, papa Francesco aveva introdotto il concetto che più gli stava a cuore enunciare e ci è arrivato così: “il tempo ci sta insegnando che non basta il solo inserimento geografico delle persone, ma la sfida è una forte integrazione culturale, questo è un lavoro fondamentale e non rinviabile”; aggiungendo però subito  che bisogna anche lavorare per allargare lo sguardo. Siamo invitati a prolungare un’integrazione che trova nella solidarietà il modo in cui fare le cose, il modo in cui costruire la storia”. L’invito di papa Francesco, quindi, è quello di costruire “una solidarietà che non può mai essere confusa con l’elemosina, ma come generazione di opportunità perché tutti gli abitanti delle nostre città – e di tante altre città – possano sviluppare la loro vita con dignità”. Solo in questo modo, “la comunità dei popoli europei potrà vincere la tentazione di ripiegarsi su paradigmi unilaterali e di avventurarsi in colonizzazioni ideologiche. … Il volto dell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure”.

Con questi brevi accenni al discorso del Papa, in occasione della consegna del premio Carlo Magno, credo di aver sintetizzato il suo pensiero sull’Europa, almeno sui concetti più negativi dell’attuale suo comportamento, ma ha parlato anche di tanti altri argomenti: il dialogo per ricostruire il tessuto sociale, il lavoro per tutti e specialmente per i giovani, il passare da un’economia liquida ad una sociale, il ruolo della Chiesa e del dialogo ecumenico. Consiglierei a tutti noi cattolici di leggere la versione integrale del suo intervento su (Conferimento del Premio Carlo Magno (6 maggio 2016) | Francesco).

Anche i resoconti dell’incontro politico Renzi-Merkel della stessa giornata parlano di “forte convergenza” sulla visione dell’Europa sognata da papa Francesco e quindi sulla difesa del trattato di Schengen che, per quanto riguarda l’abbattimento delle frontiere, corrisponde al messaggio del Papa “costruire ponti e abbattere i muri”. Frau Angela sostiene: “Dobbiamo difendere il trattato di Schengen, altrimenti si rischia di ricadere nei nazionalismi. E’ in gioco il futuro dell’Europa”. Anche sul sistema di frenare le migrazioni Italia e Germania si trovano d’accordo sul destinare risorse per migliorare le condizioni economiche nei Paesi d’origine africani, provando anche a superare scogli come gli eurobond. E quindi concordano con il Papa. I due leaders cercano di minimizzare le distanze tra i rispettivi Paesi e provare comunque a trovare risorse per una possibile forma di finanziamento su cui ci si trovi d’accordo. Per evitare errate interpretazioni nel dare un giudizio positivo del rapporto Italia-Germania, penso sia opportuno riportare le parole dei due leaders dette alla fine dell’incontro. Matteo Renzi: «L’Europa ha di fronte il rischio della sindrome dei Maya, espressione che Angela ha citato per la prima volta con me ad una cena l’anno scorso a Milano, per l’Expo e che io condivido pienamente. Bisogna recuperare lo spirito di Altiero Spinelli». Angela Merkel: «Sono d’accordo con Matteo, l’Europa si trova in posizione molto fragile, ma dobbiamo gestire insieme il futuro, sono contenta che l’anno prossimo l’Italia abbia la presidenza G7. L’Europa deve dimostrare che è una forza valida nel mondo, abbiamo fatto molti progressi nel difendere la nostra valuta, dobbiamo difendere le nostre frontiere esterne senza cadere nel nazionalismo, senza perdere la libertà di circolazione, una sfida che riguarda tutti e il futuro della Ue».

Essendo persona che pensa positivo, spero che il sogno di papa Francesco, in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano,  si avveri. E’ troppo?

 

Roma, 10 maggio 2016                                                                                                                          Gian Paolo Di Raimondo