SI POSSONO CONTRASTARE LE MIGRAZIONI?

 

 

E’ GIUSTO DISTINGUERE CHI SCAPPA DAI PAESI D’ORIGINE PER NON MORIRE A CAUSA DELLA GUERRA

DA CHI SCAPPA PER NON MORIRE DI FAME? E IN ENTRAMBI I CASI COSA DEVONO FARE I PAESI RICCHI?


 

 

 


 

 

 

La persona umana si guida da sé mediante l’intelligenza e la volontà; esiste non soltanto fisicamente, c’è in lui un esistere più ricco e più elevato,

una sovresistenza spirituale nella conoscenza e nell’amore. E’ così in qualche modo un tutto e non soltanto una parte, un universo a sé, un microcosmo

 in cui il grande universo può, tutto intero, essere contenuto per mezzo della conoscenza; mediante l’amore può darsi liberamente ad altri esseri che per lui sono

come altri se stesso - relazione questa, di cui non è possibile trovare l’equivalente in tutto l’universo fisico.

(Jacques Maritain)

 

 

 

Ho rimandato a lungo per scrivere le riflessioni personali sulla calamità dell’immigrazione che affligge l’Europa: mi sembrava un argomento troppo specialistico per essere trattato da una persona non qualificata culturalmente per affrontare tale complessa materia. Oggi mi sono ricreduto. Ho sentito e letto tante fesserie in proposito, non solo da politici in cerca del consenso populistico elettorale, ma anche da soloni che sono intervenuti camuffandosi da esperti in “sociologia mondiale” e “strategie militari”, che mi sono sentito in grado di poter dire anche la mia più semplice opinione usando la sola arma del “buonsenso”.

Intanto, credo che su argomenti che coinvolgono la persona umana, sia necessario dichiarare da quale punto di vista si affronti il problema: io, con la premessa scritta in apertura di Jacques Maritain, lo farò ovviamente da cattolico. Il primo punto da affrontare, se si vuole approfondire la causa dei processi migratori e tentare di suggerire una qualche soluzione per limitarlo, è quello di rispondere al quesito del sottotitolo. E’ mia opinione che non ci sia alcuna distinzione sulla morte e sulle cause che la determinano: una pallottola o la mancanza di cibo. Quindi è comprensibile che per evitarla la gente scappi per cercare per sé e per i propri familiari posti più vivibili. Evidentemente le soluzioni da adottare per intervenire da parte dell’Europa sono diverse se trattasi di gente che scappa dalle guerre o per motivi economici.

Nel primo caso è d’obbligo accoglirli in virtù dei trattati internazionali sui rifugiati e, se necessario, intervenire con gli Organismi internazionali delegati per stabilizzare quei paesi in crisi e in guerra da anni (vedi Siria, Libia e Iraq); nel secondo, non solo l’Europa ma tutto il mondo dei paesi ricchi, dovrebbe intervenire economicamente per porre fine allo sviluppo ineguale finora in atto e, soprattutto, cercando di limitare le conseguenze devastanti del cambiamanto climatico che colpisce molti paesi dell’Africa. E’ necessario creare le condizioni umanamente più vivibili per tutti e se ne devono occupare i paesi produttivi e fertili per restituire in parte il mal tolto, altrimenti sarà difficile frenare l’esodo biblico di milioni di persone che invaderanno i paesi ricchi in cerca di benessere. E’ ormai urgente portare in Africa, oltre che aiuti, anche uno sviluppo sufficiente alla crescita economica.

Da sempre le persone migrano in cerca di posti accoglienti che assicurino loro una vita decente. Lo dimostrano i grandi spostamenti di milioni di persone dall’Italia e, più in generale, dall’Europa alle Americhe della fine dell’800 e i primi del 900 o, più in piccolo – ma sempre in numero notevole – l’invasione del Nord Italia e del Nord Europa della gente del Sud nel dopoguerra, arrestatasi in parte solo per la crescita economica del Sud.

Contrariamente alla logica, fino ad ora, ci siamo comportati piuttosto male: in Iraq, Libia e Siria i nostri interventi militari (diretti e indiretti con la fornitura di armi ai ribelli) contro Saddam Hussein, Gheddafi e Assad hanno destabilizzato quei paesi, ponendoli in uno stato di guerra intestina e fatto proliferare il terrorismo. Per porre rimedio all’altro esodo, quello così detto economico, non abbiamo fatto nulla, ne abbiamo semplicemente ignorato le cause. Ci siamo riempiti la bocca della solita frase “devono essere rimpatriati ai paesi d’origine”, senza porsi il problema del perché scappano.

Nessuno dei responsabili delle sorti del mondo ha ascoltato gli appelli del Papa che, fin dalla sua elezione, si è battuto per richiamare la loro attenzione su due problemi: la povertà e i gravi problemi ecologici del mondo. E li ha uniti con una sua denuncia rivoluzionaria contenuta nell’Enciclica Laudato si del 24 maggio 2015. Papa Francesco parla del deterioramento della qualità della vita umana e della degradazione sociale, ricorda che “l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme” colpendo i più deboli. Problemi che “non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo”. Per questo ricorda che “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”.

In un'altra occasione, un anno prima, papa Francesco, nel Messaggio per la Quaresima 2014, aveva anche chiarito la differenza tra povertà e miseria: “La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale”. E a quelli che scappano dai paesi più poveri dell’Africa, attingendo al repertorio di concetti forniti dalle scienze sociali, la definizione di povertà assoluta è quella che più si avvicina a questa descrizione. Ritengo che optare per essa nel caso della migrazione economica sia la scelta più coerente da farsi in linea con una tradizione di pensiero e di azione sociale e caritatevole quale quella cristiana.

Voglio soffermarmi ancora un po’ prima di chiudere per richiamare l’attenzione del lettore sulle migrazioni epocali delle persone in povertà assoluta verso i paesi ricchi (gli africani verso l’Europa) che sarà difficile, se non impossibile arrestare con muri e filo spinato e che potrebbe essere definita, se non ci poniamo riparo per tempo, per noi europei e non solo, una terza guerra mondiale. La patologia del dominio da parte di pochi gruppi economici, finanziari e industriali per mantenere uno standard di vita smodato a spese dei più poveri sarà sempre più difficile da sradicare, scardinare. Però è necessario provarci con tutte le forze, perché voler continuare a seguire la linea di tenere separate le nazioni povere da quelle ricche, è un programma suicida, sia perché produrrebbe nel tempo effetti ambientali a cui nemmeno i ricchi potrebbero sfuggire, sia perché genererebbe moti di ribellione e terrorismo sempre più violenti nei confronti dell’Occidente. Provocherebbe un deterioramento del clima politico mondiale altrettanto minaccioso quanto il deterioramento del clima ambientale.

 

Roma, 15 marzo 2016                                                                                           Gian Paolo Di Raimondo