L’ABBRACCIO DEL MILLENNIO
“Due vescovi che parlano delle loro Chiese, della situazione del mondo, delle guerre…”
E’ impossibile far passare questo evento epocale senza commentarlo e darne un personale giudizio. Un incontro che la Chiesa cattolica aveva tentato di realizzare da tanto tempo e che si è potuto concretizzare solo con questo attuale nostro Papa, attraverso la sua particolare attitudine a dirimere le divisioni, ad aprire colloqui anche con chi non è in sintonia con il cattolicesimo. Sono stati emblematici i suoi modi di giudicare e di frequentare persone che solo qualche anno fa erano da considerare nemici della nostra fede. Inoltre, non ci si può dimenticare del ruolo avuto in campo internazionale, per esempio, sulla riapertura delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, e non solo. Come giudicare papa Francesco se non un uomo di pace? Un Pontefice che cerca ogni giorno, oltre che di annunciare il Vangelo, anche di metterlo in pratica. La sua apertura a tutti non è una sua prerogativa ma una pratica che il cristiano deve attuare dopo il Concilio Vaticano II, infatti, nella lettera che il Papa ha inviato a Eugenio Scalfari il 4 settembre 2013 scriveva: “…Mi permetta di citarle in proposito [per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede] un'affermazione a mio avviso molto importante dell'Enciclica [Lumen Fidei]: poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell'amore - vi si sottolinea – ‘risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l'altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall'irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti’ (LF n. 34). È questo lo spirito che anima le parole che le scrivo…”.
Tra i vari Patriarcati della Chiesa Ortodossa, quello di Mosca
(Russo-ortodosso), era il più restio a percorrere assieme alla Chiesa di
Roma una strada per l’ecumenismo dei cristiani.
Oggi, quindi, anche per il Patriarcato di Mosca si possono finalmente
superare i rapporti conflittuali con i greco-cattolici, soprattutto in
Ucraina, dichiarando: “Nell’attuale situazione tragica è necessario
mettere da parte i disaccordi interni e unire gli sforzi per salvare il
Cristianesimo nelle regioni in cui esso è sottoposto a tremende persecuzioni”.
Non voglio addentrarmi ulteriormente per approfondire altre ragioni – prima di tutto politiche e in minima parte teologiche – che hanno indotto la Chiesa ortodossa di Mosca ad avvicinarsi al cattolicesimo, lascio questo compito agli addetti ai lavori. A me piace limitarmi, più prudentemente, soltanto a due elementi, che sono più alla mia portata di un semplice cattolico: l’accordo avviato in questo particolare momento storico in cui i cristiani devono difendersi uniti dal fondamentalismo islamico e la capacità del Papa nel superamento delle divisioni. A questo proposito mi piace concludere questa mio breve commento all’incontro della “pace” con la frase che papa Francesco ripete a quanti lo incontrano a Casa Santa Marta: “Ponti: quelli bisogna costruire. Passo dopo passo, fino ad arrivare a stringere la mano a chi sta dall’altra parte. I ponti durano, e aiutano la pace. I muri no: quelli sembrano difenderci, e invece separano soltanto. Per questo vanno abbattuti, non costruiti. Tanto sono destinati a cadere, uno dopo l’altro. Pensiamo a quello di Berlino. Sembrava eterno, e invece puff, in un giorno è caduto giù”.
15 febbraio 2016 Gian Paolo Di Raimondo
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