PAPA FRANCESCO IN AMERICA

 

Il viaggio del Papa a Cuba e negli USA (dal 19 al 28 settembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevo preparato il mio contributo agli approfondimenti del mese di ottobre con un altro articolo sul rapporto tra scienza e fede, ma sono stato particolarmente colpito dal viaggio del Papa a Cuba e negli USA che non ho potuto esimermi dallo scrivere un resoconto di quest’evento che definirei epocale per il suo significato storico.

Papa Francesco è il terzo pontefice che ha visitato l’isola caraibica. Prima di lui a Cuba sono andati Giovanni Paolo II (nel gennaio 1998) e Benedetto XVI (nel marzo 2012). Ma per Francesco questo viaggio aveva un significato particolare: sugellare la fine della tensione che ha diviso per lunghi anni Cuba dagli Stati Uniti, avendo proprio lui contribuito – con la sua autorevole mediazione – alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Stati e la conseguente riapertura delle relative ambasciate. E’ chiaro che tale mediazione si è resa possibile per la grande stima che il pontefice riscuote nel mondo, soprattutto a livello personale da Obama e, da uomo sudamericano, anche dai fratelli Castro. E’ nota la sua opinione sul capitalismo che, senz’altro, crea ricchezza ma che, una sua versione sfrenata porta con sé inevitabilmente alla “cultura dello scarto”. I suoi punti essenziali per una corretta interpretazione del Vangelo sono, infatti, l’ecologia (il diritto alla partecipazione di tutti all’uso dei beni del creato) e la particolare attenzione ai poveri (evitando che si determini la cultura dello scarto, ma si abbia il rispetto di tutti gli esseri umani). Questa la sua famosa frase che ripete sovente: “Per favore, siate custodi della creazione, dell’altro, dell’ambiente”.

Questi concetti sono stati il costante leitmotiv dei suoi discorsi in USA, sia al Congresso che alle Nazioni Unite. Il Papa ha cercato di scuotere le coscienze dei potenti del mondo senza avere il timore di scontentare una parte o l’altra dei suoi ascoltatori, come si è notato molto bene durante i suoi interventi. Ma vediamo in sintesi cosa ha cercato di trasmettere ai rappresentanti del popolo statunitense e mondiale nella “terra dei liberi e casa dei valori”, come egli stesso ha definito gli Stati Uniti d’America.

 

Al Congresso, dopo aver ricordato quattro grandi americani che hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano, Abraham Lincoln, Martin Luther King, Doroty Day e Thomas Merton, ha affrontato i seguenti punti cruciali per superare le sfide del mondo moderno globalizzato:

 

  1. Evitare la tentazione di ridurre tutto solo alla semplicistica divisione tra bene e male, tra giusti e peccatori. Il mondo contemporaneo, con le sue ferite aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore per prendere il loro posto. Questo è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate. La nostra, invece, deve essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia.
  2. In questa terra le Religioni hanno sempre contribuito a costruire e a rafforzare la società. E’ importante che oggi, come nel passato, la voce della fede continui ad essere ascoltata, perché è una voce di fraternità e di amore, che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni società. Tale cooperazione è una potente risorsa nella battaglia per eliminare le nuove forme globali di schiavitù, nate da gravi ingiustizie le quali possono essere superate solo grazie a nuove politiche e a nuove forme di consenso sociale.
  3. Richiamando il “sogno” di Martin Luther King di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani, ha affrontato anche l’attuale problema dell’immigrazione. Mi rallegro che l’America continui ad essere, per molti, una terra di “sogni”. Sogni che conducono all’azione, alla partecipazione, all’impegno. Sogni che risvegliano ciò che di più profondo e di più vero si trova nella vita delle persone. Negli ultimi secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il proprio sogno di costruire un futuro in libertà. Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero riaffermare la mia più profonda stima e considerazione. Quei primi contatti sono stati spesso turbolenti e violenti, ma è difficile giudicare il passato con i criteri del presente. Tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci interpella, non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato. … Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: Scartare chiunque si dimostri problematico. Ricordiamo la Regola d’Oro: “Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te” (Mt 7,12). Questa norma ci indica una chiara direzione. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi.
  4. Richiamandosi, poi, alla stessa Regola d’Oro dichiara che, per adempiere alla nostra responsabilità di proteggere e difendere la vita, ha sempre sostenuto l’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare della riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini. Recentemente i miei fratelli Vescovi qui negli Stati Uniti hanno rinnovato il loro appello per l’abolizione della pena di morte. Io non solo li appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione.
  5. Affronta il punto a lui più caro, quello di far uscire la gente dalla povertà estrema, richiamandosi al movimento fondato dalla serva di Dio Dorothy Day (il Catholic Worker Movement). Quanto cammino è stato fatto in questo campo in tante parti del mondo! Quanto è stato fatto in questi primi anni del terzo millennio per fare uscire la gente dalla povertà estrema! So che voi condividete la mia convinzione che va fatto ancora molto di più, e che in tempi di crisi e di difficoltà economica non si deve perdere lo spirito di solidarietà globale. Allo stesso tempo desidero incoraggiarvi a non dimenticare tutte quelle persone intorno a noi, intrappolate nel cerchio della povertà. Anche a loro c’è bisogno di dare speranza. La lotta contro la povertà e la fame deve essere combattuta costantemente su molti fronti, specialmente nelle sue cause. So che molti americani oggi, come in passato, stanno lavorando per affrontare questo problema. Va da sé che parte di questo grande sforzo sta nella creazione e distribuzione della ricchezza. Il corretto uso delle risorse naturali, l’appropriata applicazione della tecnologia e la capacità di ben orientare lo spirito imprenditoriale, sono elementi essenziali di un’economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile.
  6. Nella parte del suo discorso dedicata all’attività imprenditoriale, definita “nobile vocazione”, si sofferma ripetutamente sulla sua ultima Enciclica Laudato si’ evidenziando che se comprende la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del servizio al bene comune. Questo bene comune include anche la terra, tema centrale dell’Enciclica che ho recentemente scritto, per «entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» (ibid., 3). «Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (ibid., 14). Nell’Enciclica Laudato si’ esorto ad uno sforzo coraggioso e responsabile per «cambiare rotta» (ibid., 61) ed evitare gli effetti più seri del degrado ambientale causato dall’attività umana. Sono convinto che possiamo fare la differenza e non ho dubbi che gli Stati Uniti - e questo Congresso – hanno un ruolo importante da giocare. Ora è il momento di azioni coraggiose e strategie dirette a implementare una «cultura della cura» (ibid., 231) e «un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (ibid., 139). Abbiamo la libertà necessaria per limitare e orientare la tecnologia (cfr ibid., 112), per individuare modi intelligenti di «orientare, coltivare e limitare il nostro potere» (ibid., 78) e mettere la tecnologia «al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale» (ibid., 112). Al riguardo, ho fiducia che le istituzioni americane di ricerca e accademiche potranno dare un contributo vitale negli anni a venire.
  7. Per esortare tutti gli uomini di buona volontà alla pace e le Nazioni al dialogo richiama l’attenzione su Thomas Merton (uno dei quattro grandi americani con cui ha iniziato il discorso). Egli fu anche uomo di dialogo, un promotore di pace tra popoli e religioni. In questa prospettiva di dialogo, vorrei riconoscere gli sforzi fatti nei mesi recenti per cercare di superare le storiche differenze legate a dolorosi episodi del passato. È mio dovere costruire ponti e aiutare ogni uomo e donna, in ogni possibile modo, a fare lo stesso. Quando nazioni che erano state in disaccordo riprendono la via del dialogo – un dialogo che potrebbe essere stato interrotto per le ragioni più valide – nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilità. Un buon leader politico è uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito di apertura e senso pratico. Un buon leader politico opta sempre per «iniziare processi più che possedere spazi» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 222-223).
  8. Infine chiude con una esortazione (forse, a mio avviso, la meno gradita dagli astanti) sulla pericolosa vendita di armi mortali a coloro che le utilizzano per creare sofferenze e morte e, alla domanda del perché si continua a farlo impunemente, risponde. Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi.

 

Ed ecco cosa ha detto papa Francesco alla 70.ma Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo i saluti di rito, ha iniziato il suo intervento elencando i quattro suoi predecessori che lo hanno preceduto nelle Assemblee dell’ONU: Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e Benedetto XVI nel 2008. Tutti i Papi della Chiesa Cattolica fino ad ora intervenuti hanno riconosciuto all’Organizzazione una risposta giuridica e politica adeguata al momento storico per porre un limite all’affermazione del potere tecnologico dei singoli Stati che nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche potrebbe produrre tremende atrocità. Papa Francesco si associa, quindi, all’apprezzamento dei suoi predecessori.

Nel descrivere il suo discorso, elencherò i punti essenziali ed originali toccati trascrivendo anche parte delle sue parole.

  1. Innanzi tutto ribadisce il compito dell’ONU stabilito dalla sua Carta costituzionale per mettere in risalto l’importanza della limitazione del potere quale idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali.
  2. Ripete, quindi, l’esortazione al “diritto dell’ambiente” in quanto come esseri umani viviamo in comunione con esso, allo stesso modo come aveva fatto nel suo precedente discorso al Congresso, richiamando parte della sua Enciclica (Laudato si’). Qualsiasi danno all’ambiente, pertanto, è un danno all’umanità. ... Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste, crediamo che l’universo proviene da una decisione d’amore del Creatore, che permette all’uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza però abusarne e tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze religiose l’ambiente è un bene fondamentale.
  3. Torna anche sul concetto di giustizia in senso lato e di giustizia sociale in particolare. Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli.
  4. Insiste sul fatto che lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere imposti, ma si devono creare le condizioni perché ciascuno possa costruirli e realizzarli. Questo suppone ed esige il diritto all’istruzione – anche per le bambine (escluse in alcuni luoghi) – che si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle altre aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie nell’educazione delle loro figlie e dei loro figli. L’educazione, così concepita, è la base per la realizzazione dell’Agenda 2030 e per il risanamento dell’ambiente. Al tempo stesso, i governanti devono fare tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità e per formare e mantenere una famiglia, che è la cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale.
  5. Si sofferma sulla necessità di porre alcuni limiti etici naturali per lo sviluppo umano integrale. Primi fra tutti “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” e di “promuovere il progresso sociale e un più elevato livello di vita all’interno di una più ampia libertà”. La guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentaleOccorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti… Nelle guerre e nei conflitti ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni…Come ho chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite nella mia lettera del 9 agosto 2014, «la più elementare comprensione della dignità umana [obbliga] la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e religiose» e per proteggere le popolazioni innocenti.
  6. Si sofferma anche su un altro tipo di conflittualità che comporta la morte di milioni di persone. Il fenomeno del narcotraffico che rappresenta oggi un altro tipo di guerra “sopportata” e debolmente combattuta. Il narcotraffico per la sua stessa natura si accompagna alla tratta delle persone, al riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile e ad altre forme di corruzione. Corruzione che è penetrata nei diversi livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa, generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo la credibilità delle nostre istituzioni.
  7. E infine conclude con l’indicazione di come deve essere inteso l’ONU, quale casa comune. La casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata.

 

 

Gian Paolo Di Raimondo

gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it

Roma, 1 ottobre  2015

www.omelie.org/approfondimenti