Anche se ho già scritto su
papa Francesco e volevo addirittura prendermi una pausa dalla partecipazione
attiva a questo sito, non ce l’ho fatta. Non ho potuto iniziare il mio
periodo sabbatico (magari solo di qualche mese se non di un intero anno)
perché ho sentito forte il desiderio di tornare a dare la mia opinione sul
Papa.
Due sono stati i motivi che hanno condizionato la mia decisione: il primo,
per prendere atto che il messaggio di “accoglienza” per i più bisognosi da
lui spesso ripetuto e ribadito in occasione dell’ultimo appuntamento
pubblico per il 2014 durante la celebrazione dei Primi Vespri e il «Te
Deum», e la sua denuncia della corruzione romana: “I poveri, gli
emarginati devono essere al centro delle nostre preoccupazioni, del nostro
agire quotidiano. Occorre servire i deboli e non servirsi dei deboli … Le
gravi vicende di corruzione emerse di recente richiedono una seria e
consapevole conversione, un rinnovato impegno per costruire una città più
giusta e solidale”, sono stati pienamente seguiti dalla Caritas della
nostra città.
In occasione delle festività natalizie mons. Feroci ha lanciato un appello
alla comunità cristiana e alla città - che tutti noi che risediamo a Roma
dovremmo sottoscrivere - «Quest’anno viviamo il periodo delle Feste con
l’amarezza di una città provata dai gravi fatti di corruzione e disorientata
dalle difficoltà di una crisi economica sempre più pesante. Le ripercussioni
dell’inchiesta giudiziaria ancora in corso condizionano pesantemente le
politiche di accoglienza che solitamente le istituzioni locali programmano
nei mesi più freddi a favore dei senza dimora. Per questo invito le comunità
a promuovere iniziative di solidarietà concreta offrendo un riparo a chi
vive in strada». A questo annuncio sono seguite azioni dirette per dare
riparo complessivamente a 107 senza tetto a Ostia. Inoltre, sempre la
Caritas, che ospita nel corso dell’anno ogni notte 600 persone senza dimora,
singoli e famiglie, per i mesi freddi ha convertito le sale mense (dopo la
distribuzione dei pasti) in sale dormitorio e ha intensificato il servizio
notturno con tre gruppi di operatori e volontari che presidiano le zone
della città in cui i senza dimora rischiano di rimanere isolati ed
emarginati. A questa encomiabile azione ha contribuito anche la Polizia di
Stato donando alla Caritas alcune centinaia di coperte e, con analoga
urgenza d’intervento, la Comunità di sant’Egidio ha messo in atto le sue
risorse presenti nel territorio. Questi piccoli, ma significativi, atti che
seguono e realizzano i messaggi papali, non potevano lasciarmi insensibile e
non segnalarli. Certamente sono gocce che si perdono in un mare di necessità
ma, come diceva Madre Teresa di Calcutta, anche di quelle poche gocce, se
mancassero, il mare se ne accorgerebbe. A me piace che papa Francesco non
cessi mai di incitare il suo popolo alla carità cristiana, come si può
notare, prima o poi, i suoi messaggi giungono a segno. Il secondo motivo che
mi ha indotto a scrivere questo “pezzo” è stato quello di prendere posizione
sugli attacchi sferrati dagli oppositori di papa Francesco – con interventi
subdoli e dichiarati – sia all’interno della Curia che all’esterno nella
comunità civile, soprattutto tra gli intellettuali cattolici.
All’intero della Chiesa si tratta dell’eterno contrasto tra i conservatori e
i progressisti su cui non intendo mettere bocca: mi sembra che con
l’elezione di papa Bergoglio ci abbia pensato lo Spirito Santo a schierarsi.
Sugli altri, invece, vorrei che ciascun lettore possa meditare e farsi una
propria opinione, eviterò di esprimere la mia in quanto non credo sia
necessaria, essa risponde pienamente a quella della gente comune, del popolo
che segue e ama papa Francesco e il suo modo di proporre una Chiesa più
nuova e genuina, più vicina ai poveri e più conforme alle esigenze della
società civile. Alcuni dei personaggi cattolici, che possiamo definire
“intellettuali contro”, e che vorrei elencare indicando le loro critiche
avanzate a papa Francesco sono: lo storico cattolico tradizionalista Roberto
de Mattei, i giornalisti Antonio Socci, Giuliano Ferrara e Vittorio Messori.
La posizione critica a papa Bergoglio di Roberto de Mattei è concentrata nel
suo articolo “Motus in fine velocior” dove elenca la confusione
ingenerata dal Papa nella Chiesa cattolica, fin dalla sua elezione: il nome
scelto, la sua iniziale presentazione come Vescovo di Roma, il “buonasera”.
Poi a seguire: l’intervista sull’aereo di ritorno da Rio de Janeiro con le
parole “chi sono io per giudicare!” destinate ad essere utilizzate
per giustificare ogni trasgressione, le interviste al direttore della
“Civiltà Cattolica” e a Eugenio Scalfari. Secondo Roberto de Mattei, lo
scontro tra il cardinale Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la
Fede, e il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore dei consiglieri
per le riforme di papa Francesco, ha portato al culmine la confusione:
Il contendere dei due porporati era quello della “comunione ai divorziati
risposati” (ed è scontata la posizione dell’uno e dell’altro). E qui la
critica di Roberto de Mattei si fa grave “Se questa è la strada che si
vuole percorrere, è il momento di dire che si tratta di una strada verso lo
scisma e l’eresia, perché si negherebbe la fede divina e naturale che nei
suoi comandamenti non solo afferma l’indissolubilità del matrimonio, ma
proibisce gli atti sessuali al di fuori di esso, tanto più se commessi
contro natura. La Chiesa accoglie tutti coloro che si pentono dei propri
errori e peccati e si propongono di uscire dalla situazione di disordine
morale in cui si trovano, ma non può legittimare, in alcun modo, lo status
di peccatore. A nulla varrebbe affermare che il mutamento riguarderebbe solo
la prassi pastorale e non la dottrina. Se tra la dottrina e la prassi manca
la corrispondenza, vuol dire che è la prassi a farsi dottrina, come peraltro
sta purtroppo accadendo dal Concilio Vaticano II in poi”. Non credo si
possa aggiungere altro, il pensiero di De Mattei e fin troppo chiaro!
Per quanto riguarda i tre
giornalisti concentrerò le loro critiche in un’unica elencazione. Alcuni
punti di disapprovazione sono comuni come la famosa frase “chi sono io
per giudicare”, l’intervista di Scalfari, il sospetto di un eccessivo
populismo capace di ottenere un interesse vasto ma superficiale ed effimero,
l’aver dimenticato il “depositum fidei”, la continua imprevedibilità che
turba la tranquillità del cattolico medio, un Papa che viene troppo lodato
dagli opinion leader del mondo, un Papa che da gesuita afferma che
dobbiamo usare il discernimento nelle cose (una specie di relativizzazione
dei criteri di vita e di morale). Socci nel suo libro “Non è Francesco”,
scrive una serie di critiche a papa Francesco iniziando col confutare la sua
stessa elezione in quanto la votazione è stata eseguita in contrasto con
l’articolo 69 del Regolamento per l’elezione dei Papi e poi prosegue
indicando, oltre alle censure fatte dai suoi colleghi, anche con il mancato
“soccorso dei cristiani massacrati nel Califfato islamico del nord Iraq” e
di non voler “fare proselitismo”. A questi contestatori dell’attuale papato
mi piace contrapporre quanto sostiene il teologo Leonardo Boff nell’articolo
sul “Corriere della Sera” di domenica 4 gennaio scorso. Egli propone
un’altra lettura di papa Francesco, come contrappunto a quella di Vittorio
Messori. “Messori dimostra tre insufficienze: due di natura teologica e
un’altra della comprensione della Chiesa del Terzo Mondo. Si è scandalizzato
per la ‘imprevedibilità’ di questo pastore perché ‘continua a turbare la
tranquillità del cattolico medio’. Bisogna però interrogarsi sulla qualità
della fede di questo ‘cattolico medio’, che ha difficoltà ad accettare un
pastore che ha l’odore delle pecore e annuncia la ‘gioia del Vangelo’. Si
tratta, generalmente, di cattolici culturali, abituati alla figura faraonica
di un Papa che presenta i simboli del potere degli imperatori pagani romani.
Adesso appare invece un Papa ‘francescano’, che ama i poveri, non ‘veste
Prada’, fa una critica dura al sistema che produce miseria nella gran parte
del mondo, e apre la Chiesa non solo ai cattolici ma a tutti quelli che
portano il nome di ‘uomini e donne’, senza giudicarli ma accogliendoli nello
spirito della ‘rivoluzione della tenerezza’, come ha chiesto ai vescovi
dell’America Latina riuniti l’anno scorso a Rio. Nel pensiero di Messori c’è
un grande vuoto, c’è la quasi assenza dello Spirito Santo”. Questo
contrappunto a Messori per me vale per tutti gli intellettuali cattolici
tradizionalisti detrattori di papa Francesco.
Gian Paolo Di
Raimondo
gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it
Roma, 8
gennaio 2015
www.omelie.org/approfondimenti
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