RIFLETTIAMO SU MARIA

 

 

 

 

Nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza. (Sacrosanctum Concilium 103)

 

Molte sono state le occasioni che, in queste ultime settimane, mi hanno indotto a ripensare a Maria. Al primo posto porrei l’anniversario della “Marialis cultus” che il Beato Paolo VI indirizzò a tutti i Vescovi il 2 febbraio 1974, poi a livello personale, l’impegno svolto nella mia parrocchia – S. Maria Stella dell’Evangelizzazione – per organizzare, in occasione della settimana di preghiera dell’Ecumenismo (dal 18 al 25 gennaio 2015), un convegno con le varie confessioni del cristianesimo. Quale argomento più universale se non quello di Maria di Nazareth? Come si può dire con integrità il mistero di Cristo, senza dire di Colei che lo ha generato per far fare Pasqua al mondo intero?

Sul primo avvenimento ricordato dalla Chiesa, ho avuto il privilegio di partecipare, il 20 novembre scorso, alla Diciannovesima seduta pubblica delle Pontificie Accademie dal titolo “Maria icona dell’infinita bellezza di Dio”, dove il Prof. P. Corrado Maggioni – Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale – ha tenuto la sua prolusione dal titolo “L’Esortazione Apostolica Marialis cultus”. In questa sede cercherò di sintetizzare il suo intervento nelle parti che ritengo maggiormente indicative del pensiero di Paolo VI. Già il Concilio Vaticano II aveva riflettuto su Maria come nessun Concilio aveva mai fatto. In passato si prendeva in considerazione il culto per la Madre di Dio, senza spiegarne perché e come si innesti nella liturgia. Stavolta il Concilio evidenzia due dati: l’indissolubile vincolo di Maria con l’opera salvifica di Cristo e il risvolto ecclesiale della venerazione di Maria, superando l’idea di un culto mariano parallelo a quello di Cristo, Sacrosanctum Concilium 103 lo riconduce nell’unica celebrazione di Cristo e della Chiesa. L’intento di Paolo VI nel realizzare la sua Esortazione Apostolica su Maria lo esprime egli stesso nell’Introduzione alla Marialis cultus: “Giudichiamo conforme al nostro servizio apostolico trattare, quasi dialogare con voi, venerabili Fratelli, alcuni temi relativi al posto che la beata Vergine occupa nel culto della Chiesa, già in parte toccati dal Concilio Vaticano II e da noi stessi, ma sui quali non è inutile ritornare, per dissipare dubbi e, soprattutto, favorire lo sviluppo di quella devozione alla Vergine che, nella Chiesa, trae le sue motivazioni dalla parola di Dio e si esercita nello spirito di Cristo”. A seguire il testo si compone di tre parti: Maria e la liturgia, Maria e la pietà popolare, Angelus Domini e Rosario. Senza entrare nel dettaglio delle singole parti, mi sembra significativo soffermare l’attenzione sul valore del culto mariano che Paolo VI sintetizza nella Conclusione della sua lettera. Esemplare il seguente passaggio: “La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano. La venerazione che la Chiesa ha reso alla Madre di Dio in ogni luogo e in ogni tempo – dal saluto benedicente di Elisabetta (cf Lc 1,42-45) alle espressioni di lode e di supplica della nostra epoca – costituisce una validissima testimonianza che la norma di preghiera della Chiesa è un invito a ravvivare nelle coscienze la sua norma di fede. E, viceversa, la norma di fede della Chiesa richiede che, dappertutto, si sviluppi rigogliosa la sua norma di preghiera nei confronti della Madre di Cristo” (n. 56). E’ importante, come ha rilevato il Prof. Maggioni, porre in evidenza il risvolto ecumenico della pietà mariana enunciata nella Marialis cultus. L’averlo richiamato è servito a porre concreta attenzione alle “formule” di preghiera, purificandole da espressioni equivoche, rendendole più attente al fondamento biblico che deve ispirarle e all’essenziale della fede professata dalla Chiesa cattolica. Un fratello ortodosso non avrebbe difficoltà a sottoscrivere che «la pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano» (n. 56). E sarebbe probabilmente anche difficile oggi trovare qualche fratello protestante che dissenta in blocco sulle linee portanti del pensiero di Paolo VI.

La Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II in poi si è sempre fatta promotrice di iniziative atte a favorire l’unità dei cristiani. A questo proposito cito il Decreto sull’Ecumenismo Unitatis Redintegratio per giungere all’ultimo viaggio di papa Francesco in Turchia e l’incontro con il Patriarca ortodosso Bartolomeo I. A livello personale, l’organizzazione della “Tavola rotonda sull’Ecumenismo” nella mia parrocchia, mi ha indotto a fare alcune considerazioni e riflessioni per verificare a che punto siamo nel cammino verso l’unità dei cristiani. E, anche in questo caso, l’attenzione è caduta su  Maria di Nazareth vista in termini universali. Molti sono convinti che la mariologia divida i cristiani, devo dire che lo pensavo anch’io, ma approfondendo lo studio su Maria di Nazareth mi sono convinto del contrario. Ovviamente con una premessa necessaria: il traguardo dell’unità non porterà mai ad una piatta uniformità, ma all’integrazione di legittime diversità (credo poco teologiche, ma altrettanto importanti perché determinate da tradizioni storiche difficilmente cancellabili) in un’organica comunione. A questo proposito è significativo il fatto che Giovanni Paolo II abbia espresso il suo pensiero sull’Ecumenismo attribuendo a Maria il nuovo titolo di “Madre dell’Unità”. Anche dal punto di vista teologico per esempio, esiste un documento che sancisce l’accordo con le autorità ecclesiali degli assiri orientali (siglato dal Patriarca Mar Dinkha IV e da Giovanni Paolo II) che asserisce che non c’è differenza dogmatica tra i due appellativi di Maria detta dagli assiri Christoudochos (colei che ha accolto il Cristo che è Dio) e dai cattolici Theotocos (genitrice di Dio). Tanto per citare atti concreti, la nostra Chiesa nei corsi di mariologia delle Università cattoliche, prevedono insegnanti delle altre confessioni cristiane, spesso addirittura delle altre religioni monoteiste. D’altra parte anche Benedetto XVI ha invitato a scoprire meglio il legame tra Maria di Nazareth e l’ascolto credente della divina Parola, quasi fosse inseparabile il rapporto tra mariologia e teologia della Parola. Credo di interpretare il suo pensiero nel riferimento a tutti i cristiani che hanno in comune le Sacre Scritture. Sulla strada comune a tutte le confessioni cristiane per giungere ad una auspicata unità è necessario citare, infine, il documento della Commissione mista cattolico-anglicana intitolato “Maria: grazia e speranza in Cristo” sull’importanza della Madre di Dio nel portare l’uomo a Cristo. Il documento reso noto a Seattle (USA) il 18 maggio 2005 e presentato a Londra il giorno successivo, presso l’abbazia di Westminster, rappresenta il frutto di cinque anni di lavoro e rileva i molti punti di convergenza tra le due confessioni, a partire dall’importante affermazione iniziale. “Crediamo – dice infatti il testo – che non ci siano motivi di una divisione teologica sull’argomento”. Il documento meraviglia in quanto, anche i riferimenti ai due dogmi - Immacolata Concezione e Assunzione di Maria -  sempre considerati fonte di divisione, sono presentati in una forma di comprensione comune. Anche se il testo dichiara di essere ben consapevole di non avere l’autorità per risolvere le differenze tra le Confessioni sul tema delicato ed importante dei due dogmi, tuttavia rileva come ci sia almeno una base comune e accettata. Anche quest’ultimo esempio di lavoro comune sulla strada dell’unità, dimostra due cose importanti: la prima, la volontà comune di lavorare insieme per trovare soluzioni condivise, la seconda, che l’unità si potrà raggiungere accettando congiuntamente le legittime diversità.

 

Gian Paolo Di Raimondo

gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it

Roma, 14 dicembre  2014

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