“Un buon cattolico,
ha detto papa Francesco, si immischia in politica, offrendo il meglio
di sé, perché il governante possa governare”. Il Papa ha
ribadito - nell’“esortazione che chiama i cattolici all’impegno per il
bene comune” - che la politica è una delle forme più alte
della carità, perché è servire il bene comune e ha
raccomandato a chi governa l’umiltà e l’amore per il proprio popolo.
Certamente Matteo Renzi è un cattolico, lo è gran parte
del suo retroterra ideale, così come sono cattolici molti dei suoi
più importanti giovani collaboratori. Ernesto Galli della Loggia
lo faceva notare nel suo articolo di fondo del Corriere del 3 giugno scorso:
“Il Partito democratico … nella sua storia ha vinto solo questa volta
correndo da solo (vale a dire non coalizzato con altri e sotto la guida
di un suo iscritto), così come solo questa volta ha ottenuto una
così alta percentuale di voti: e guarda caso entrambe le circostanze
si sono realizzate quando alla sua testa c’era un cattolico come Renzi.
In realtà è abbastanza ovvio pensare che nel successo ora
detto l’appartenenza cattolica di Renzi abbia contato non poco. Specie
nel farlo percepire da quella parte dell’opinione pubblica tradizionalmente
lontana dalla sinistra in una luce rassicurante, come una personalità
capace di apertura alle ragioni altrui, poco propensa al pregiudizio ideologico,
incline alla moderazione”. Galli della Loggia così conclude: “Il
PD deve la propria inaspettata affermazione a un leader singolare come
Renzi - singolare rispetto a tutto il passato di tale partito -. Un leader
che qualunque sia la sua parabola futura ha però già ottenuto
un risultato con ogni probabilità non passeggero per quel che riguarda
il nostro sistema politico. Finora, infatti, una decisiva debolezza del
bipolarismo italiano stava nella circostanza che esso aveva visto una
volta almeno un grande successo della Destra, ma mai però qualcosa
di analogo da parte della Sinistra storicamente tale. Da qui, su questo
versante dello schieramento politico, dubbi e riserve più o meno
taciti a proposito del bipolarismo medesimo. Dubbi e riserve che da oggi
in poi però, dopo la vittoria del 25 maggio, difficilmente avranno
più ragione di essere. Renzi, infatti, ha dimostrato che anche
il PD, il partito della Sinistra, può avere la meglio da solo in
una competizione elettorale. Che proprio il bipolarismo, cioè,
può come nessun altro sistema aprirgli la strada del potere. Già
questo non è un risultato da poco”.
Ma allora un cattolico al Governo sarà anche in grado di portare
il paese fuori dal malcostume imperante, dalla corruzione (gli ultimi
due maleodoranti casi dell’Expo e del Mose dimostrano a che punto siamo
arrivati nella realizzazione di un vero e proprio sistema tangentistico
in ogni opera pubblica), dalla inefficienza della politica in generale?
Io lo spero. Penso che Renzi, come ha potuto far uscire dalla palude il
suo partito, potrà farlo anche per il suo paese. Certamente è
partito con buone intenzioni, ora, dovrà passare dagli annunci
ai fatti, ma ha il carattere, la voglia e la grinta per farlo. Ha l’appoggio
dei moderati, di molti cattolici ed anche da buona parte della gerarchia
della Chiesa. Il cardinale Bagnasco afferma pubblicamente che quella di
Renzi è un’ottima partenza per un’azione di governo in una prospettiva
sociale che ha a cuore il lavoro e l’occupazione, ma anche la formazione
delle persone. La Chiesa, a detta di Bagnasco (durante il seminario interregionale
di studio sulla scuola di Genova), apprezza l’impegno del Governo per
il rilancio della scuola italiana. Ma c’è di più, Renzi
si è incontrato anche con il Santo Padre e, per quanto la visita
al Pontefice fosse in forma strettamente privata, da alcune indiscrezioni
su come si è svolto l’incontro, si è capito come il colloquio
abbia avuto un carattere del tutto informale e sia stato improntato da
estrema cordialità. Prima di tutto si fa notare la durata: oltre
tre quarti d’ora, quindi più di quella della regina Elisabetta.
Poi, non si è trattato della visita di un capo di Governo, ma di
una famiglia di cattolici praticanti: il premier era accompagnato dalla
moglie e dai tre figli, che desideravano incontrare il loro Papa. I 45
minuti denotano il particolare calore con cui papa Francesco ha accolto
la famiglia del premier, ha scherzato con i tre figli informandosi sui
loro studi, ha parlato con i coniugi della loro vita familiare e religiosa.
Sono certo che Renzi non vorrà deludere i cittadini italiani che
gli hanno confermato fiducia e stima con il voto del 25 maggio e i cattolici
che lo affiancheranno nella condivisione del suo non facile lavoro per
la realizzazione di quel cambiamento nella gestione della cosa pubblica
che il paese tutto si attende da lui. Non è esagerato pensare che
per l’Italia si tratti dell’ultima spiaggia!
Voglio chiudere questa mia breve nota sul Presidente del Consiglio e sul
suo nuovo modo di approcciare il governo del paese raccontando un’iniziativa
interessante ed originale che denota, a mio avviso, la sua appartenenza
al cattolicesimo, a quel mondo che ha come obiettivo prioritario l’attenzione
agli ultimi, ai poveri. Mi riferisco all’annuncio del 13 maggio scorso
delle “Linee guida per una Riforma del Terzo Settore”, una riforma molto
importante per agevolare quella parte d’Italia generosa e laboriosa che
tutti i giorni silenziosamente opera per migliorare la qualità
della vita delle persone: l’Italia del volontariato, della cooperazione
sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese
sociali, sia in ambito religioso che laico. Un settore che si colloca
tra lo Stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la
cooperazione, tra l’economia e l’ecologia, che dà forma e sostanza
ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà.
A questo variegato universo, capace di tessere e riannodare i fili lacerati
del tessuto sociale, il Governo intende rivolgersi formulando le linee
guida per una revisione organica della legislazione riguardante il Terzo
Settore. Tra gli obiettivi che Renzi si propone di raggiungere vi è
quello di costruire un nuovo Welfare partecipativo, fondato su una governance
sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi
e del terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche
sociali, al fine di ammodernare le modalità di organizzazione ed
erogazione dei servizi del Welfare, rimuovere le sperequazioni e ricomporre
il rapporto tra Stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi
di equità, efficienza e solidarietà sociale. Un secondo
obiettivo è valorizzare lo straordinario potenziale di crescita
e di occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività
svolte dal Terzo Settore. Il terzo obiettivo della riforma è di
premiare in modo sistematico con adeguati incentivi e strumenti di sostegno
tutti i comportamenti donativi o comunque prosociali dei cittadini e delle
imprese, finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale.
Vi sembra poco? A me no. E ve lo dice uno che da più di un decennio
opera nel settore del volontariato.
Gian Paolo Di Raimondo
gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it
Roma, 1° luglio 2014
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