SCIENZA E FEDE OGGI
Specola Vaticana – Il telescopio VATT di Tucson
L’apice del vero conflitto tra scienza e religione si ebbe nel XVIII secolo con l’Illuminismo che considerava la religione nemica della scienza e gli scienziati si sentivano minacciati nella loro libertà d’indagine dalla cultura dominante sul piano politico, sociale, intellettuale e religioso rappresentato dal cristianesimo. Sul versante opposto le chiese (in particolare quella cattolica) si sentirono minacciate e reagirono arroccandosi a difesa delle proprie tradizioni, opponendosi tenacemente alle scienze, soprattutto nei casi in cui queste - come accadde con l’evoluzionismo darwiniano - sembravano attaccare alle radici l’impalcatura teologica cristiana. Nel tempo quest’atteggiamento di reciproca chiusura si è progressivamente superato, salvo per alcune frange di fondamentalismo religioso. Oggi il rapporto tra scienza e fede è entrato in una fase nuova, positiva e costruttiva, lasciandosi alle spalle il retaggio della reciproca ostilità, anche se l’inerzia degli stereotipi tradizionali continua, purtroppo, a lasciare qualche ombra. Sono convinto che un grande contributo alla pacificazione l’abbiano dato personaggi, tra gli scienziati e i Papi, che hanno indicato alla propria parte il metodo nuovo di non invasione dei rispettivi campi d’azione e il rispetto reciproco. Nel seguito di questa mia breve indagine mi limiterò a indagare, dalla parte della religione cattolica, quali e in che misura gli ultimi Papi hanno contribuito efficacemente a render più sereno il complesso rapporto tra scienza e fede. Con la fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze nel 1936, la Chiesa si è munita di uno strumento essenziale per il dialogo con il mondo della ricerca scientifica e i discorsi tenuti dai diversi Papi in occasione delle sessioni plenarie dell’Accademia compongono un esteso pensiero spirituale la cui ricchezza può essere applicata alla nostra contemporaneità. Essi, infatti, rivelano al livello più alto il rapporto che deve esistere tra ragione e fede, scienza e religione, persona umana e bene comune e, più in generale, tra tecnologia e morale. Questi Pontefici hanno osservato che, a livello di principio, le due verità della fede e della scienza, non possono mai contraddirsi, e hanno reso evidente che, anche laddove ciò accada, questo è il risultato di una lettura erronea del Libro della Natura o del Libro della Rivelazione Divina. Se analizziamo cosa sia avvenuto negli ultimi decenni nei confronti del sentimento religioso, dobbiamo costatare che i messaggi degli ultimi Papi sono stati accolti su scala mondiale, anche perché sono svanite le ingenue aspettative che la scienza avrebbe saputo arrecare all’uomo benessere e felicità assieme alle ideologie politiche che alimentavano una medesima speranza e che si proponevano come “religioni” laiche o atee. Da parte dei credenti, infatti, sono cadute le diffidenze verso la scienza e il timore che le sue scoperte possano costituire minaccia per la sopravvivenza della fede. E’ sufficientemente caduta un’aprioristica ostilità verso l’ateismo, che dovrebbe essere visto non già come un nemico da combattere e da esorcizzare, ma come elemento con cui aprire un costruttivo confronto, come autorevolmente indicatoci da papa Francesco. Mi soffermerò più in dettaglio su Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II poiché mi sembra abbiano espresso maggiormente un vero e proprio cambiamento del tradizionale vecchio approccio della Chiesa sulla ricerca scientifica. E’ indispensabile però che la scienza e la tecnologia, secondo la visione cristiana, siano costantemente dipendenti e connessi al rispetto della persona umana, alla sua dignità e ai suoi diritti fondamentali, in quanto ogni uomo ed ogni donna sono creati da Dio a Sua immagine e somiglianza e tutti sono persone “per le quali Cristo è morto” (Rm15,16). Tutti i Papi, da Pio XI in poi, hanno espresso nei loro discorsi alla Pontificia Accademia delle Scienze le linee guida che scaturiscono dalla ragione umana illuminata dalla saggezza divina. Tali linee guida devono essere rispettate dalla scienza e dalla tecnologia al fine di promuovere la dimensione specificatamente dell’uomo, il benessere della società e un atteggiamento responsabile nei confronti dell’ambiente, per il bene comune delle attuali e delle future generazioni. Nel 1961, l’Accademia organizzò una settimana di studio su “The Macromolecules of Interest to Biology” (le macromolecole e la biologia) e in particolare sulle nucleoproteine, un argomento che, a quel tempo, era della massima rilevanza per la ricerca internazionale. In quell’occasione, durante il suo incontro con gli Accademici, Giovanni XXIII riaffermò la missione educativa e culturale della Chiesa e il ruolo del progresso scientifico riguardo al positivo apprezzamento della persona umana. Il suo riferimento al fatto che la scienza debba essere diretta soprattutto allo sviluppo e alla crescita della personalità dell’uomo e alla glorificazione di Dio Creatore, dimostra come scienza e fede possano essere considerati elementi complementari nella vita dell’uomo e, pertanto, ne voglio riportare un tratto saliente: “In effetti, ben lungi dal temere le più audaci scoperte umane, la Chiesa ritiene invece che ogni progresso nel possesso della verità comporti uno sviluppo della persona umana, e sia parte di un cammino verso la verità prima e la glorificazione dell’opera creatrice di Dio” (Discorso del 30 ottobre 1961). Il 1967 fu contrassegnato dalla pubblicazione dell’Enciclica Populorum progressio, nella quale Paolo VI portava all’attenzione del mondo tutti i principali problemi inerenti allo sviluppo del Terzo Mondo. Questo documento conteneva, inoltre, un appello a impegnarsi nella cooperazione scientifica internazionale in modo che essa potesse in tutte le sue forme favorire i paesi in via di sviluppo. Papa Paolo VI introdusse l’idea che i progressi e i miglioramenti scientifici debbano essere guidati da “un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori di amore, di amicizia, di preghiera e di contemplazione” (n.20). Nel suo lungo pontificato Giovanni Paolo II dimostrò grande interesse per l’intera questione del ruolo della scienza nel mondo moderno in generale, e del rapporto tra scienza e fede in particolare. Ebbe sempre a cuore la continuazione e lo sviluppo della Pontificia Accademia delle Scienze in linea con la felice intuizione del suo venerato predecessore Pio XI che l’aveva rifondata, ma con un’enfasi maggiore sui problemi umani, morali e spirituali del nostro tempo. Il suo interesse per l’Accademia si è dimostrato in tali e tanti modi e in così tante occasioni, pubbliche e private, che il riassumere in modo esauriente i suoi insegnamenti sull’argomento è di fatto impossibile. Solo se si pensa che il Papa ebbe trentasei incontri con l’Accademia e fece altrettanti discorsi in cui affrontò interessanti argomenti inerenti alla sua visione sul ruolo e gli obiettivi che gli Accademici dovevano porsi, primo fra tutti riesaminare la questione di Galileo, dopo aver espresso il rincrescimento per come il grande scienziato è stato trattato dalla Chiesa. Inoltre pose l’accento sulla necessità per la scienza di proteggere l’ambiente e contribuire a combattere la povertà nei paesi in via di sviluppo e tornò ripetutamente sul tema della “Scienza per la Pace”. Il 31 ottobre 1992 Giovanni Paolo II ricevette in udienza la Pontificia Accademia delle Scienze, che presentò al Santo Padre le conclusioni raggiunte dalla “Commissione per lo studio della controversia tolemaica-copernicana”. A questo punto mi piace riportare un passo della conferenza tenuta dal Dott. Mario Castellano in occasione di un seminario tenuto il 26 novembre scorso su “Scienza e fede”: Se scienza e fede tendono al raggiungimento di vere verità, non possono entrare in conflitto tra loro. Giovanni Paolo II, disse Castellano, riconciliò il mondo della fede con quello della scienza dichiarando che essi entrarono in conflitto solo per false interpretazioni di verità; la Bibbia non è un testo scientifico, ma un testo di fede. E Galileo “ci ha liberato definitivamente dalla tirannia del letteralismo biblico”, quindi secondo il Papa, Galileo fu una fortuna per la Chiesa. Si deve porre fine ad usare le teorie scientifiche per negare o affermare verità di fede e a considerare i concetti teologici per invadere il campo delle scienze. Scienza e fede sono come le due ali che fanno volare un uccello. Il 22 ottobre 1996, questa volta in forma di messaggio in occasione del sessantesimo anniversario della sua rifondazione, Giovanni Paolo II ancora una volta scelse l’Accademia delle Scienze quale interlocutore qualificato per esporre alcune sue riflessioni sulla teoria dell’evoluzione. Ritornando e sviluppando alcune delle osservazioni fatte dal suo predecessore Pio XII nell’enciclica Humani generis, aggiunse che “nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione, una mera ipotesi”, riconoscendo quindi che “questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere”, riuscendo quindi a imporsi anche all’attenzione di teologi ed esperti biblici. Oltre all’Accademia Pontificia delle Scienze, bisogna riconoscere alla Chiesa un’altra iniziativa nel campo scientifico, la Specola Vaticana, una delle istituzioni di ricerca astronomica più antica del mondo. Infatti, se osserviamo i vari osservatori, sorti per iniziativa dei papi: quello del Collegio Romano (1774-1878), quello del Campidoglio (1827-1870), quello sulla Torre dei Venti in Vaticano, quello a Castel Gandolfo (1930) e infine quello a Tucson in Arizona (1981), ci rendiamo conto dell’impegno della Chiesa, soprattutto dei Gesuiti, nel collaborare a livello internazionale al progetto della realizzazione della Carta fotografica del cielo e del Catalogo stellare. Infine, non voglio dimenticare l’ultimo organismo scientifico nato nel 1965, il Pontificio Consiglio della Cultura che ha come mission proprio lo studio e l’approfondimento delle relazioni tra scienza e fede, la ricerca umana della verità attraverso la scienza, la filosofia e la teologia. Nonostante le attività della Chiesa nella ricerca e nello sviluppo scientifico e tecnologico che ho cercato qui di sintetizzare, c’è ancora chi sostiene che essa è nemica del progresso scientifico. La manipolazione della verità non ha limiti!
Gian Paolo Di Raimondo gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it Roma, 15 gennaio 2014 www.omelie.org/approfondimenti
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