MEDAGLIA D’ORO ALLA CARITAS

 

 

 

 

 

 

 

Don Nervo con Paolo VI nel 1971

 

 

Era un po’ che pensavo di scrivere un articolo sulla Caritas, volevo anch’io dare il mio piccolo contributo per la diffusione nella giusta luce dell’unico organismo - per la sua posizione nell’ambito CEI - che ha lo scopo di promuovere “la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana”.
L’occasione mi è stata fornita dalla consegna, nello scorso mese di luglio da parte del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla Caritas di Roma (rappresentata dal suo direttore mons. Enrico Feroci), della Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica conferitagli dal Presidente della Repubblica per l’impegno assunto fin dal 1983 nel realizzare servizi di medicina di base per tutti coloro che non hanno garantita l’assistenza sanitaria pubblica e gratuita o che hanno difficoltà ad accedervi.

La Caritas italiana nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II, si prefigge di realizzare il suo scopo (art. 1 dello statuto), attraverso il collegamento e confronto con le 220 Caritas diocesane, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista delle sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica. Il che significa che è compito della Caritas allargare il concetto di quella carità che ci ha trasmesso Gesù Cristo a tutto il Popolo di Dio con l’insegnamento e l’esempio. Alla base del nostro credo deve, infatti, essere sempre presente la parabola del “Buon Samaritano” con il suo originale messaggio su come intendere la carità quale amore per il prossimo e soprattutto che chi segue Cristo si deve fare prossimo di tutti coloro che soffrono, sono poveri o che vivono in condizioni di inferiorità circa l’accesso ai diritti umani senza esclusioni di razza, etnia, o religione.

Prima di elencare le attività svolte dalle Caritas diocesane e in particolar modo quelle riferite alla sanità pubblica della Caritas di Roma che ha meritato le Medaglia d’Oro del Presidente Napolitano, desidero soffermarmi sul punto qualificante che Paolo VI e Giovanni Nervo - fondatori della Caritas italiana - hanno stigmatizzato per renderla diversa da una qualsiasi organizzazione di volontariato o OMG: far passare l’idea di una carità che non è elemosina o erogazione di servizi assistenziali, bensì di una dimensione costitutiva dell’essere cristiano. Ecco perché prende consistenza il “valore pedagogico” della carità svolto dalla Caritas. A questo proposito voglio riportare un brano del discorso di Paolo VI ai partecipanti all’incontro nazionale di studi della Caritas italiana del 28 settembre 1972:

Anzitutto ci preme sottolineare la validità e l’attualità di questa istituzione. È vero che l’assistenza pubblica viene man mano a coprire uffici affidati per secoli alla carità della Chiesa, ed è vero anche che la società moderna è più sensibile alle applicazioni della giustizia che all’esercizio della carità. Non per questo, tuttavia, l’azione caritativa della Chiesa ha perduto la sua funzione nel mondo contemporaneo. La carità è sempre necessaria, come stimolo e completamento della giustizia stessa. Del resto, una crescita del Popolo di Dio nello spirito del Concilio Vaticano II, non è concepibile senza una maggior presa di coscienza da parte di tutta la comunità cristiana delle proprie responsabilità nei confronti dei bisogni dei suoi membri. La carità resterà sempre per la Chiesa il banco di prova della sua credibilità nel mondo: «Da questo riconosceranno tutti che siete dei miei» (Io. 13, 35).

Su questo aspetto, riferito allo stretto collegamento per un cristiano della fede con la carità, è tornato nell’Angelus di domenica 21 luglio scorso anche papa Francesco con parole chiare come sua consuetudine.
Commentando il Vangelo di Luca nel brano di Marta e Maria il Papa ha detto:

Anche nella nostra vita cristiana preghiera e azione siano sempre profondamente unite. Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso. San Benedetto riassumeva lo stile di vita che indicava ai suoi monaci in due parole: “ora et labora”, prega e opera. E’ dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi.

Ed è proprio questa carità che deve contraddistinguere il cristiano, l’uomo di fede, quella che applica il volontario della Caritas nell’erogare la sua opera. Credo che solo se analizziamo sotto questa luce le attività delle Caritas diocesane – soprattutto sotto l’aspetto pedagogico nei confronti dell’intero Popolo di Dio – che si possano giustificare i risultati raggiunti. Per esempio, vediamo cosa sta facendo la Caritas di Roma per meritarsi la Medaglia d’Oro. Negli ultimi 10 anni le strutture sanitarie Caritas hanno preso in carico oltre 30.000 pazienti di cui 23.000 presso il Poliambulatorio (41% donne) e complessivamente sono state seguite quasi 71.600 persone ed effettuate oltre 212.000 prestazioni sanitarie; sono state inoltre erogate oltre 20 mila terapie mediche-farmacologiche ogni anno. A queste prestazioni vanno aggiunti i progetti di ricerca come quelli di psicoterapia sulle vittime di tratta di esseri umani, di tortura e di violenza intenzionale (progetto “ferite invisibili”) e il lavoro con comunità scarsamente raggiunte dal Servizio sanitario regionale, in particolare cinesi e rom. Per giustificare questa mole di attività è interessante notare il numero di operatori e volontari che vi sono impegnati, circa 365 persone, il 47% nel poliambulatorio, il 28% nel servizio farmaceutico, il 16% nel centro odontoiatrico.

E’ impossibile fare anche un riepilogo generale (per esempio degli ultimi 10 anni) delle attività di Caritas Italiana, penso sia sufficiente limitarsi a dare cenno ai soli impegni svolti nel 2012. Così lo sintetizza una nota della Caritas nazionale.

È stato un anno denso di sfide: la situazione sociale del Paese, il futuro dei migranti giunti dal Nord Africa, l’attenzione al mondo giovanile, il terremoto in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Ma anche, allargando lo sguardo, la crisi in Europa e le grandi emergenze internazionali (Corno d'Africa, Sahel, Nord Kivu, Terra Santa, Egitto, Nigeria,...). Su questi fronti si è articolato l’impegno pastorale e progettuale della Caritas che ha raccolto gli spunti emersi dal percorso organizzato per il 40° e dall’udienza con il Santo Padre. Come accennato si è dovuto far fronte ai devastanti effetti del terremoto che nel maggio 2012 ha messo a dura prova la popolazione dell'Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Anche in questa nuova emergenza la pronta mobilitazione della rete Caritas ha consentito risposte ai bisogni immediati e l’attivazione di significative esperienze di gemellaggi. Grazie alla grande risposta solidale è stato anche possibile avviare la realizzazione di 17 Centri di Comunità, per riaggregare e rafforzare il tessuto sociale. Centrale nell’impegno Caritas è stata anche l’attenzione al mondo giovanile, in particolare con una riflessione sul volontariato, sulle prospettive del servizio civile, accanto alla ribadita necessità di incentivare forme “altre” di servizio, di prossimità e di educazione alla cittadinanza e alla pace, in un contesto formativo interno alle nostre comunità, alla luce anche di quanto auspicato dagli Orientamenti pastorali (EVB n.39). Infine l’avvio dell’Anno della Fede che ha chiesto al nostro servizio grande attenzione all’inscindibile rapporto tra fede e carità, nella logica della continuità ma anche del rinnovamento. Nell’attuale clima di individualismo e soggettivismo deve essere accolto da tutti noi come invito ad osare, a scegliere, a  declinare la scelta di fede nella quotidianità. E’ bello notare che papa Francesco insista molto nell’auspicare una Chiesa semplice rivolta soprattutto ai poveri. Anche nel recente viaggio in Brasile ha detto incontrando a pranzo i cardinali e i vescovi brasiliani «C'è bisogno di una Chiesa semplice» altrimenti «la nostra missione è destinata al fallimento». Ha quindi tratteggiato il programma della Chiesa utilizzando la metafora della barca e dei pescatori. «Le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli oceani. E tuttavia - ha detto Francesco - Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi poveri, perché è sempre lui che agisce». Nel lungo e denso discorso, il Pontefice ha sottolineato come «la gente semplice ha sempre spazio per far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella casa dei poveri Dio trova sempre posto». Certamente la Caritas ha sempre operato e opera applicando in perfetta sintonia con il pensiero di papa Francesco il messaggio della Carità cristiana (scusate la lettera maiuscola che mi è scappata, ma non mi pento perché questo tipo di Carità è l’amore di Dio che si trasmette ai più bisognosi). Per concludere questo mio piccolo contributo alla divulgazione dell’operatività della Caritas (peraltro conoscendola in quanto vi partecipo) voglio insistere sul fatto che essa non si limita ad eseguire in modo capace quanto sia più conveniente al momento, ma si dedica all’altro con l’amore cristiano per il prossimo in modo che questi sperimenti la ricchezza di umanità di cui la Caritas è ridondante. Uno è il riferimento principe di noi volontari Caritas: San Giovanni Crisostomo.

“Ogni volta che vedrete un povero, ricordatevi che sotto i vostri occhi avete un altare non da disprezzare ma da onorare” e ancora “Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d'oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l'affamato, e solo in seguito orna l'altare con quello che rimane”.

Gian Paolo Di Raimondo

gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it

Roma, 15 agosto 2013

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