LA SINDONE IMMAGINE DELLA SOFFERENZA UMANA

 

 

 

 

Nella Sindone si riflette l’immagine della sofferenza umana. Essa ricorda all’uomo moderno, spesso distratto dal benessere e dalle conquiste tecnologiche, il dramma di tanti fratelli, e lo invita ad interrogarsi sul mistero del dolore per approfondirne le cause”.
Così disse Giovanni Paolo II il 24 maggio 1998 in occasione della sua visita pastorale a Torino. Mai foto, come questa qui sopra riprodotta, fu più espressiva per confermare visivamente le parole del Papa: sotto l’impronta del corpo martoriato del crocifisso ci sono due uomini aggrediti violentemente dal dolore. Karol Wojtyla visivamente già sofferente, dopo alcuni anni in cui la malattia lo distrusse fisicamente, morì nell’aprile 2005.
Giovanni Saldarini, cardinale arcivescovo di Torino, nell’anno successivo si ritirò per la sua malattia incurabile che lo portò alla morte nell’aprile 2011 dopo immani sofferenze. Sulla Sindone si sono avute diverse interpretazioni e si sono poste in contrapposizione fede e scienza, a volte addirittura si è cercato di esercitare forzature sull’una per esaltare l’altra. Voglio provare a dare una personale definizione dell’oggetto senza essere influenzato dalle opposte correnti di pensiero.
Si tratta di un lenzuolo che ha ricoperto certamente un cadavere e che porta impressa una doppia immagine di un uomo torturato e crocifisso. La coincidenza della figura impressa nel lenzuolo con i racconti evangelici della passione e morte di Gesù ha fatto ritenere per secoli che la Sacra Sindone abbia contenuto il corpo del Cristo. Comunque, la disputa sull’autenticità o meno della Sindone è sempre esistita con l’altalenarsi di elementi scientifici e storici che si sono susseguiti favorendo l’una o l’altra tesi. Ormai, per esempio, è universalmente accettato che l’immagine sul lenzuolo non può essere un dipinto, ma l’impronta lasciata da un corpo umano con macchie di sangue autentico (pre e post mortem). La radio-datazione sui campioni prelevati dal telo e inviati ai laboratori di Oxford, Zurigo e Tucson determinò nel 1988 che il tessuto poteva risalire ad un periodo compreso tra il 1260 e il 1390. Ma anche questa prova scientifica creò un serio dibattito tra gli studiosi sull’attendibilità dell’uso del metodo del radiocarbonio (C14).
Uno scienziato sovietico, non cattolico, ha messo in dubbio la validità di tale esame e ha sostenuto che la datazione era stata compromessa da conseguenze chimiche sul tessuto causate dall’incendio del 1532. Altri scienziati – come il microbiologo Leoncio Garza Valdés – hanno invalidato gli esami al carbonio 14. Per esempio il dr. Max Frei segnalò di aver trovato sulla  Sindone molto polline di piante che crescono solo nel Medio Oriente (e non in Europa). Se la Sindone risale solo al XIV secolo, e sappiamo storicamente che è rimasta in Europa continuativamente da allora, dobbiamo chiederci come mai sia stato trovato in essa polline proveniente dal Medio Oriente?
Già da questi pochi elementi descritti si evince come sia controproducente addentrarsi nella contrapposizione tra scienza e fede: guai ad usare uno degli orientamenti per prevaricare l’altro, si rischierebbe di lasciare un oggetto così straordinario in un limbo che non merita. Il prof. Bruno Barberis, direttore del Centro Internazionale di Sindonologia, sostiene che i due tipi di approccio alla Sindone – quello scientifico e quello della fede – siano compatibili e addirittura complementari per una corretta, efficace e completa presentazione dell’oggetto e per coglierne e approfondirne appieno il profondo messaggio. Aggiunge “che la fede cristiana non si fonda né si fonderà mai sulla Sindone … può però esserne un valido supporto se vista come un prezioso strumento che, mediante il linguaggio dell’immagine, contribuisce alla riflessione sul pilastro portante della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo”. 

E’ interessante, a questo proposito, riferire anche la posizione di uno storico che si occupa della Sindone da oltre trent’anni, il prof. Gian Maria Zaccone, il quale sulla Sindone mantiene un approccio agiografico rifiutando quello di tipo apologetico; si può dare ad essa anche un’interpretazione teologica, il rimando alla passione di Cristo, purché si mantenga un ragionamento scientifico. Il suo libro sulla Sindone, infatti, ha come sotto titolo “Storia di una immagine”: attraverso quell’immagine, che rimanda ai Vangeli e alla figura di Cristo, si venera quello che rappresenta.
Ma come si è formata l’immagine impressa sulla Sindone? Questa è la domanda chiave che tutti si pongono sul misterioso telo e che penso sia necessario prendere in considerazione anche in questo mio breve tentativo di fare il punto sul confronto e dialogo a volte costruttivo, a volte meno sulla Sindone. Per cercare di dare una risposta al quesito si è cimentata l’Enea con un’indagine durata cinque anni, dal 2005 al 2010. Gli scienziati dell’“Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile” hanno cercato di riprodurre, con una serie di esperimenti, su tessuti di lino una colorazione simile a quella dell’immagine corporea della Sindone. Hanno spiegato poi di aver abbandonato la strada dei metodi fisici e chimici decidendo di irraggiare i tessuti di lino tramite impulsi laser. A conclusione di tutti gli esperimenti effettuati hanno dichiarato di aver scoperto prove che solo un evento soprannaturale può aver creato quell’immagine. Il rapporto finale della ricerca precisa che il grado di potenza non può essere riprodotto da nessuna fonte di raggi UV costruita fino ad oggi. Anche l’esito dell’indagine svolta dall’Enea ha rinvigorito le polemiche sull’autenticità della Sindone.
Per fortuna esistono studiosi seri che detestano le crociate pro o contro l’autenticità dell’immagine sindonica. La ricerca seria prosegue, come affermano alla fine del loro rapporto i ricercatori dell’Enea: <<Non siamo alla conclusione, stiamo componendo i tasselli di un puzzle scientifico affascinante e complesso. L’enigma dell’origine dell’immagine della Sindone di Torino rimane ancora “una provocazione all’intelligenza”>>.

 

Gian Paolo Di Raimondo

gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it

Roma, 15 novembre 2012