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don Pino Pulcinelli

 
 
 

La legalità nella società


 

Il 15 gennaio scorso il Cardinale Bertone, nell’omelia della Messa per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, ha ribadito uno dei concetti che la Chiesa ministeriale ritiene alla base della convivenza civile “serena e ordinata”: la legalità. Bertone ha detto che “la legalità si ottiene riscoprendo il significato positivo e liberante della legge morale e, nello stesso tempo, la sua incidenza sociale”. Già la nota pastorale del 1991 “Educare alla legalità”, assieme a quella sullo “Stato sociale ed educazione alla socialità” del 1995 e alla terza “Educare alla pace” del 1998 della Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace approvate dalla Cei, rappresentava una chiara presa di posizione della Chiesa sul valore della legalità che non è dissociabile da quelli della socialità e della pace, tutti di un’attualità permanente. Infatti l’illegalità, organizzata o individuale ed episodica, non recede dagli ambienti che è riuscita ad inquinare o controllare; la società è seriamente minacciata dall’individualismo, dal corporativismo, da una visione improntata all’utilitarismo; la pace, poi, è un valore così necessario, prezioso, fragile che non si può mai essere certi d’averla in possesso e quindi raggiunta una volta per tutte. L’approfondimento fatto dalle tre note pastorali si inserisce nell’impegno auspicato da Giovanni Paolo II nell’enciclica “Centesimus annus” di insegnare e diffondere la Dottrina sociale della Chiesa, come parte essenziale del messaggio cristiano. Ora, il richiamo del Cardinal Bertone sulla legalità che, per noi cristiani, deve radicarsi nella moralità secondo verità della legge di Dio, rappresenta un utile avvertimento a non distogliere mai l’attenzione dai pericoli che incombono sulla società, primo fra tutti, l’illegalità che naturalmente trascina con se l’asocialità e la perdita della pace. D’altra parte, anche dal punto di vista laico, non possiamo non accorgerci che l’avanzare di alcune serie minacce allo sviluppo democratico del paese, dipendano dalla caduta del principio di legalità e del senso etico, in modo tale da determinare il prevalere degli interessi “forti” di parte su quelli generali della società. In altre parole, la politica e la classe dirigente del paese hanno dimenticato per anni che la legalità rappresenta il presupposto indispensabile della democrazia e del vivere civile. E’ mancata la consapevolezza politica che la giustizia andava riformata per ridurne i tempi di decisione e, soprattutto, perché si potesse disporre della massima garanzia sulla sua giustezza. Non ci si è accorti che il parlamento, il governo e la magistratura sarebbero rimasti poteri malati se non si fosse riusciti a contenere le 150 mila leggi che abbiamo in Italia in 5 - 10 mila, come quelle della Germania e della Francia. Pur sforzandomi di svolgere senza preconcetti questa delicata ricerca sulle motivazioni del livello raggiunto di mancata legalità, devo constatare che la situazione è degenerata negli ultimi quindici anni: alla seconda Repubblica, in questo caso, ma non solo, è mancato un vero e proprio progetto riformatore per effettuare tutti i cambiamenti imposti dalla grave e progressiva perdita di efficienza, equilibrio economico e  moralità pubblica. Bene fa quindi la Chiesa, attraverso i suoi vescovi, a tornare periodicamente sulla necessità che la nostra società debba essere messa in condizione di prosperare in una convivenza “serena e ordinata” con il rafforzamento della legalità in quanto, essendo la persona umana destinata a vivere in collettività, è indispensabile che la vita sociale sia regolata da buone leggi (ubi societas ibi ius): se tali regole mancano oppure se non sono rispettate, la forza prevale sulla giustizia. La legalità deve perciò essere definita il rispetto e la pratica delle leggi e deve essere considerata condizione fondamentale perché in una nazione vi siano libertà, giustizia e pace, terreno fertile questo per l’esercizio della libera pratica del pensiero e delle religioni. Voglio concludere accennando anche al fatto che il senso della legalità è strettamente legato con la ricerca del “bene comune” che, per noi cattolici, costituisce il fine principale dell’organizzazione di ogni società. Secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II “Il bene comune della società, che è l’insieme di quelle condizioni di vita sociale grazie alle quali gli uomini possono conseguire il loro perfezionamento più pienamente e con maggiore speditezza, consiste soprattutto nel rispetto dei diritti e dei doveri della persona umana”. La ricerca del bene comune si fonda, quindi, nel riconoscimento della pari dignità di ogni uomo e della sua originaria dimensione sociale, per la quale tutti gli uomini sono tra loro interdipendenti e sono pertanto chiamati a collaborare al bene di tutti.

Gian Paolo Di Raimondo - Roma, 18 gennaio 2011