Home Staff Links Ricerca 

don Pino Pulcinelli

 
 

IL NOSTRO PRESIDENTE
 

 

Voglio iniziare l’anno rendendo omaggio al nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non perché egli abbia bisogno di un ulteriore riconoscimento di un semplice cittadino, ma in quanto le critiche sguaiate dei soliti noti - purtroppo anche cattolici – per il fatto che sia stato nominato l’uomo dell’anno 2011, mi hanno indignato a tal punto da farmi sentire in dovere di intervenire rendendo pubblica la stima che nutro per l’uomo delle Istituzioni che meglio rappresenta il senso dell’orgoglio e dell’unità nazionali. Per quanto riguarda i cattolici dico solo che sarebbe bene che seguissero, almeno loro, l’esempio del Santo Padre legato all’attuale nostro Presidente da particolare reciproca considerazione, rispetto, e amicizia come raramente un Papa si sia rapportato nei centocinquanta anni dell’unità d’Italia con la massima Istituzione dello Stato italiano. Penso sia utile, per cominciare, riprendere la motivazione con la quale “Famiglia Cristiana” ha conferito il riconoscimento a Giorgio Napolitano: <Nell’anno della celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia, il presidente Napolitano ha colpito il cuore e la mente di tutti gli italiani per la sua totale dedizione ai destini del Paese. Nel pieno di una crisi economica e politica difficilissima, il Presidente è stato per l’intera nazione un punto di riferimento imprescindibile, una bussola credibile e affidabile al di sopra di ogni schieramento di parte. A livello internazionale ha svolto con grande efficacia il compito di autorevole garante della credibilità dell’Italia. E in Italia non ha mai mancato di accompagnare e sostenere indispensabili battaglie di civiltà, come quella contro gli infortuni sul lavoro o quella per la cittadinanza ai figli degli immigrati, indicando sempre ciò che unisce il Paese a scapito di ciò che divide. Il presidente Napolitano ha inoltre sostenuto l’impegno pubblico per la famiglia, considerandola una straordinaria risorsa sia per il rinnovamento etico di cui ha bisogno il Paese, sia per lo sviluppo di una società aperta e solidale, punto di riferimento essenziale della convivenza civile e della coesione sociale”>. Siccome personalmente sono convinto che alle dichiarazioni di un uomo delle Istituzioni debbano seguire atteggiamenti coerenti ad esse, mi voglio soffermare sul fatto che il nostro Presidente, che recentemente ha pure dichiarato: “Si nota una crescente fragilità dei legami familiari, che da un lato disincentivano la formazione delle nuove famiglie e dall’altro rendono molto più complicati i compiti educativi dei genitori”, abbia festeggiato i 50 di matrimonio con la sua Clio. Sinceramente credo che oggi certi traguardi, specialmente tra la classe politica, anche se si dichiara cattolica, sembrano  quasi impossibili da raggiungere. Giorgio Napolitano, 86enne, risulta nei sondaggi di popolarità il più amato dagli italiani tra gli uomini politici  e delle nostre Istituzioni. Ecco perché, oltre a “Famiglia Cristiana”, è stato scelto quale uomo dell’anno 2011 anche dalla rivista Wired, il magazine dedicato a un pubblico giovane e appassionato di tecnologia, in quanto “ha dimostrato negli ultimi 12 mesi una sorprendente velocità nel rimanere collegato alla realtà: in una parola, wired”. Tanti sono gli elementi che hanno contribuito a rendere il nostro Presidente così apprezzato: oltre a quelli citati da “Famiglia Cristiana” di averci fatto sentire orgogliosi d’essere italiani, di aver sostenuto battaglie di civiltà e di aver dimostrato una particolare sensibilità per i problemi della famiglia, ne sono stati evidenziati altri non meno importanti. Cito, ad esempio, quello di avere a cuore la sorte delle giovani generazioni ed il suo essere capace di tenere le fila tra la complessa realtà italiana e un mondo sempre meno disposto a comprenderla. Egli, in special modo nell’anno appena trascorso, “ha rappresentato il crocevia attraverso il quale passa nel nostro Paese il legame tra passato e futuro. La sua statura ne ha fatto la roccia a cui si è ancorato il Paese nel momento peggiore della crisi dei mercati finanziari, la sua autorevolezza è stata la ragione per cui nei sondaggi di popolarità lui sale mentre gli altri scendono”. A questa pluralità di attestati, veri in quanto dimostrati nei fatti vissuti da tutti noi, si sono manifestati alcuni dissenzienti, per fortuna pochi, ma che mi fanno rabbia perché soprattutto cattolici (vedi quelli che hanno scritto al direttore Antonio Sciortino dichiarando sbagliata la decisione di “Famiglia Cristiana”). Per avallare la loro disapprovazione al riconoscimento di “italiano dell’anno” hanno tirato in ballo il suo passato di comunista, alcuni suoi atteggiamenti su argomenti da censurare sotto il profilo etico e, per finire, nel considerare il suo adoperarsi per un governo atto a ridare credibilità internazionale al Paese: addirittura un vero e proprio golpe. Su ognuna di queste critiche, totalmente ideologiche, ci sarebbe da ribadire punto su punto, ma sarebbe inutile proprio perché dettate esclusivamente dal preconcetto che resta sordo a qualunque intervento basato sui fatti e sulla logica.

Gian Paolo Di Raimondo

Roma, gennaio 2012