Home Staff Links Ricerca 

don Pino Pulcinelli

 
 
 

L'EVASIONE FISCALE
la malattia nazionale più diffusa 


 

Era un po’ che mi ripromettevo di manifestare la mia opinione critica sull’ultima manovra di 54 miliardi varata dal governo per anticipare il pareggio di bilancio dello Stato al 2013. Ma col passare dei giorni mi sto accorgendo quanto sia difficile trovare un argomento originale di disapprovazione al provvedimento in quanto tutto è stato già detto dall’intero contesto sociale e politico e dall’intellighenzia della società civile. Il mio pensiero e le mie valutazioni in proposito sono state continuamente e ripetutamente bruciati in anticipo dalle parti sociali (Marcegaglia e Camusso), dall’opposizione politica in Parlamento (Bersani e Casini), da qualche libero pensatore della maggioranza (Crosetto) e da una serie infinita di economisti, opinion leader, giornalisti (anche di testate vicine al governo) e noti industriali come Montezemolo e Della Valle. Le critiche riguardanti la manovra, scandalosamente improvvisata e pasticciata e più volte riveduta e corretta, si sono concentrate principalmente nei seguenti punti:

·        troppo rivolta alle entrate (tasse) e poco al contenimento della spesa;

·        assenza quasi totale di provvedimenti strutturali;

·        assenza di interventi per il rilancio dell’economia (crescita del PIL);

·        sacrifici richiesti ai “soliti noti” (a coloro che già pagano le tasse);

·        limitata – quasi nulla – incisività sulla riduzione dei costi della politica;

·        poco convincenti – addirittura sconcertanti secondo Confindustria – le misure di contrasto all’evasione fiscale.

Mai una legge dello Stato ha ottenuto una così unanime critica negativa da ogni settore della società civile! Che senso aveva aggiungere l’opinione di un “signor nessuno”? Allora preferisco concentrarmi ad analizzare il fenomeno dell’evasione fiscale che in Italia sembra sia diventata una malattia congenita e pericolosamente contagiosa con cui, purtroppo, ci stiamo abituando a convivere come con l’ipercolesterolemia. E’ mia intenzione provare a trovare sull’argomento - anch’esso tanto dibattuto, ma mai combattuto incisivamente - qualche spunto di originalità che possa interessare il lettore cattolico. Qualche tempo fa ho visto una vignetta che illustrava molto bene l’operato politico nella lotta all’evasione fiscale: c’era un cannone dalla cui canna fuoriusciva una fionda con cui venivano lanciati sassolini. Penso sia chiaramente intuibile la differenza tra il dire (il cannone) e il fare (la fionda) con cui i politici, specialmente i conservatori dello status quo, combattono chi non paga le tasse. I sassolini lanciati dalla fionda, poi, sono facilmente evitabili dagli evasori con una serie di escamotages consigliati da bravi professionisti (i cosiddetti fiscalisti) che si sono specializzati sui sistemi per aggirare il fisco conseguendo una fortuna economica da questo loro mestiere non proprio moralmente ineccepibile. C’è forse qualche cattolico nella nostra classe dirigente, che dovrebbe combattere questo malcostume tutto italiano, che ascolti le parole del Cardinale Bagnasco sul fatto che “l’evasione record raggiunta colpisce le famiglie”? Io credo di no. E proviamo a quantizzarla questa evasione record: secondo il Ministero delle Finanze ammonterebbe a 120 miliardi di Euro. Ma è veramente impossibile stanare questa massa di cattivi cittadini che per noi cristiani sono da considerarsi pure peccatori? Apriamo una parentesi sul fatto che sia considerato peccato non pagare le tasse. Mi piace riportare a questo proposito due importanti opinioni non proprio del tutto concordanti, quella dell’Arcivescovo Emerito di Lecce Monsignor Francesco Cosmo Ruppi, pastore attento alle esigenze sociali (scomparso nel maggio scorso), e quella di Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Il primo dice con la massima chiarezza che “occorre che tutti davvero paghino le tasse secondo il loro reddito e possibilità, iniziando da chi guadagna di più. Lo prevede la Costituzione che ha stabilito il criterio progressivo. Anche se la Costituzione prevede tante cose che non vengono messe in pratica”. E circa il triste fenomeno dell’evasione fiscale aggiunge: “cercare di arginarla per quanto è possibile con misure incisive e severe, anche perché è ingiusto che a pagare siano i meno abbienti. Non pagare le tasse oltre che violazione della legge positiva, è anche un insulto alla legge naturale e di Dio e chi evade il fisco commette un peccato grave, ancor di più se colui che evade si professa cristiano”. Monsignor Fisichella così dichiara sull’argomento: “Ognuno è tenuto moralmente a pagare le imposte secondo i criteri che sono formulati dalla legge, ma lo Stato deve garantire al cittadino l’equità fiscale. Se questa viene meno, apre la porta per giustificare l’evasione. Pagare le tasse, pertanto, si impone per un senso di responsabilità nella realizzazione di un bene comune che deve favorire tutti. In un periodo come il nostro in cui pare crollata ogni forma di legalità e responsabilità per il vivere sociale, è estremamente difficile far capire il valore del pagamento delle imposte. Non credo che un inasprimento delle pene aiuti a cambiare mentalità in proposito. Ciò di cui si ha urgentemente bisogno è un contraccolpo di generale onestà e moralità dagli uomini delle istituzioni fino all’ultimo cittadino, così da consentire la realizzazione di una vera rivoluzione culturale. Il problema, quindi, è a monte, e consiste nel ricomporre una solidarietà e responsabilità che facciano da traino per un recuperato senso civico”. Mi guardo bene da aggiungere qualcosa di personale e mi limito a chiudere la parentesi. Torniamo alle difficoltà nel combattere l’evasione fiscale da parte dello Stato: ma è veramente così complicato raggiungere il risultato di contenere il fenomeno entro i limiti fisiologici come negli altri paesi industrializzati? Proviamo a ragionarci su. Sempre dai dati del Ministero delle Finanze si evince che i contribuenti italiani sono 41,5 milioni, di cui circa 36 rappresentati da lavoratori dipendenti e pensionati. Questi 36 milioni di contribuenti pagano il 93% del gettito totale, mentre il 7% viene versato allo Stato da circa 5 milioni di “partite IVA”. I secondi, quindi, pagano pro capite la metà delle tasse dei primi. E questo già dovrebbe insospettire gli addetti ai lavori.  Siccome poi i primi non possono, anche volendo, evadere il fisco in quanto subiscono le trattenute direttamente alla fonte, non è complicato scoprire dove si annidi la maggior parte degli evasori che sono anche facilmente identificabili per intervenire. Certamente non dico che tutti i lavoratori autonomi siano evasori, ma che gli evasori rientrano quasi tutti nel popolo delle “partite IVA”. Peccato, però, che quel tipo di contribuenti costituisca pure la base elettorale della parte politica che ci governa!

Gian Paolo Di Raimondo