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don Pino Pulcinelli

 
 
 

ETTY HILLESUM 


 


 

Nata nel 1914 a Middelburg da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, morì ad Auschwitz nel novembre del 1943. Il suo diario, fortunatamente scampato allo sterminio della famiglia e poi passato di mano in mano ed è stato pubblicato nel 1981.

ETTY HILLESUM (stralci tratti da “Diario. 1941-1943” Adelphi Editori, 1985)

7 Luglio 1942, le otto. QUESTA VITA È BELLA, BELLA E PIENA DI SIGNIFICATO.
Di minuto in minuto desidèri, necessità e legami si staccano da me, sono pronta a tutto a ogni luogo di questa terra nel quale Dio mi manderà, sono pronta in ogni situazione e nella morte a testimoniare che questa vita è bella e piena di significato, e che non è colpa di Dio, ma nostra, se le cose sono così come sono, ora. Abbiamo ricevuto in noi tutte le possibilità per sviluppare i nostri talenti, dovremo ancora imparare a far buon uso di questa nostre possibilità.
(p. 160 )


Venerdì. Più tardi. VORREI ESSERE UNA PICCOLA CRONISTA.
[…] Un «destino di massa» che si deve imparare a sopportare insieme con gli altri, eliminando tutti gli infantilismi personali. Chiunque si voglia salvare deve pur sapere che se non ci va lui, qualcun altro dovrà andare al suo posto. Come se importasse molto se si tratti proprio di me, o piuttosto di un altro, o di un altro ancora […] Ma ogni volta so ritrovare me stessa in una preghiera – e pregare mi sarà sempre possibile, anche nello spazio più ristretto.
[…]Dovrei impugnare questa sottile penna stilografica come se fosse un martello e le mie parole dovrebbero essere come tante martellate, per raccontare il nostro destino e un pezzo di storia com’è ora e non è mai stata in passato – non in questa forma totalitaria, organizzata per grandi masse, estesa all’ Europa intera. Dovrà pur sopravvivere qualcuno che lo possa fare. Anch’io vorrei essere in futuro una piccola cronista.
(pp. 162-163)

11 Luglio 1942, sabato mattina, le undici. NELLE BRACCIA DI DIO.
[…] E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio. Su tutta la superficie terrestre si sta estendendo pian piano un unico, grande campo di prigionia e non ci sarà quasi più nessuno che potrà rimanere fuori. […]
Molte persone mi rimproverano per la mia indifferenza e passività e dicono che mi arrendo così, senza combattere. Dicono che chiunque possa sfuggire alle loro grinfie deve provare a farlo, che questo è un dovere, che devo far qualcosa per me. Ma questa è una somma che non torna. … Il buffo è che non mi sento nelle loro grinfie … mi sento soltanto nelle braccia di Dio per dirla con enfasi; e sia che ora io mi trovi qui … o fra un mese in una nuda camera di un ghetto o fors’anche in un campo di lavoro sorvegliato dalle SS, nelle braccia di Dio credo che mi sentirò sempre. Forse mi potranno ridurre in pezzi fisicamente, ma di più non mi potranno fare. E forse cadrò in preda alla disperazione e soffrirò privazioni che non mi sono mai potuta immaginare … Ma anche questa è poca cosa, se paragonata a un’infinita vastità, e fede in Dio, e capacità di vivere interiormente. Può anche darsi che sottovaluti tutto quanto.
[…] Non è che io voglia partire ad ogni costo, per una sorta di masochismo, o che desideri essere strappata via dal fondamento stesso della mia esistenza – ma dubito che mi sentirei bene se mi fosse risparmiato ciò che tanti devono invece subire.

(pp. 163-169)

Preghiera della domenica mattina (12 luglio 1942). SARAI TU (DIO) A DICHIARARE RESPONSABILI NOI.
[…] L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi.
(pp. 169-171)


Dalle lettere

Westerbork, 3 luglio ’43. PIU' TARDI DOVREMO COSTRUIRE UN MONDO NUOVO.
[…] Volevo dire solo questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s’innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare -, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita. Forse io sono una donna ambiziosa: vorrei dire anch’io una piccola parolina. […]
(p. 245)

Westerbork, 18 agosto. LA MIA VITA UN COLLOQUIO INITTERROTTO CON TE, MIO DIO.
[…] Mi hai resa così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio. A volte quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. Anche di sera, quando sono coricata nel mio letto e riposo in te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera. […]
(p. 253)