COME VIVE OGGI UN ANZIANO

 

 

Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo. E se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così tratteranno a noi. (Papa Francesco)

Dunque il problema si è spostato negli anni, in quanto la vita media si è allungata ed i cittadini che hanno superato i 70, se non gli 80 sono sempre più numerosi e si trovano ad affrontare da  soli le molteplici carenze assistenziali, economiche, previdenziali, ed affettive, che la nostra arida società non ha saputo affrontare. Carenze quindi generate dall’evoluzione della società sempre più attenta a chi produce ricchezza e sempre meno disponibile a sostenere il prossimo che non può produrre e che ha poco, in tutti i termini, per consumare. Fino a pochi decenni fa gli anziani vivevano nell’ambiente famigliare per tutto l’arco della vita mentre oggi molti, i più fortunati, vengono accolti in case di riposo: un eufemistico “modo di dire” per intendere più in sintesi  solitudini poste l’una accanto altra mentre per i più disagiati, e sono la maggioranza, non vi è né il calore della famiglia né il sollievo di essere custoditi in una collettività… (Fondazione Alvise Marotta – Il ricordo di Alvise)

 

 

Essendo anch’io tra quelli che hanno superato gli 80, posso tranquillamente raccontare come un anziano si trovi in questa società in cui viviamo. Dico male, in molti casi molto male. A parte le carenze del nostro Paese, che colpiscono principalmente chi non produce ricchezza, nei servizi di assistenza sociale in genere e nella previdenza, quindi soprattutto gli anziani, questi sono molto penalizzati dall’evoluzione tecnologica che ha dimenticato totalmente che l’innovazione deve ruotare attorno all’uomo e ai suoi bisogni. Se la tecnologia avanzata non porta un reale beneficio alla comunità, ma addirittura, esclude dal beneficiarne una parte, quella più debole, è un’innovazione arida e senza umanità. In effetti, l’evoluzione tecnologica in Italia è esplosa in una generazione senza un minimo di “umanesimo tech” importandola dagli Stati Uniti d’emblée. Questo ha creato un forte disorientamento negli anziani che l’hanno dovuta subire senza un’adeguata preparazione. Spesso mi domando: se anch’io che provengo da cinquant’anni di lavoro nel settore dell’informatica, a volte sbarello nell’attuale società supertecnologica, dove non esiste più il contatto umano, i servizi pubblici si erogano esclusivamente online con le centinaia di password che ne condizionano l’accesso, come possono fare a sopravvivere gli altri miei coetanei, quelli che non distinguono un bit da un byte? La risposta è che vivono male, mi correggo, viviamo male. Perché se qualcuno si barcamena a fatica ad usare la tecnologia, altri non riescono a comprendere come una società come la nostra possa aver rinunciato alle ideologie e a tutti quei concetti che hanno rappresentato la base che gli hanno dato la forza per superare i disagi del post-guerra e per alcuni anche della guerra: come la famiglia, il reciproco mutuo soccorso e, credetemi senza retorica, la Patria e i suoi simboli. A questo proposito vorrei raccontare come ho mal digerito un avvenimento di qualche settimana fa. A Milano Marittima si è celebrata la festa della Lega con l'inno di Mameli ballato dalle cubiste mezze nude: il tutto con la presenza del Ministro dell’Interno. Si è superato anche il periodo quando la Lega Nord di Bossi se la prese con la Bandiera. Io non penso quasi mai di aver giurato da Ufficiale fedeltà alla Repubblica e ai suoi simboli: l'Inno nazionale e la bandiera, i due gesti dei capi della Lega me l’hanno fatto ricordare. Da militare quando suonava l'inno di Mameli, mi mettevo sugli attenti, da civile mi alzo in piedi ovunque mi trovi. Un Ministro della Repubblica che accetti un simile atto rileva ancor più plasticamente il perché un anziano nella situazione attuale si trovi molto a disagio. Va bene, i tempi sono cambiati; ma c’è un limite a tutto, non dico che bisogna che i nostri Ministri vadano in spiaggia in giacca e calzini come faceva Aldo Moro, ma nemmeno assistere alla banalizzazione dell’Inno nazionale. Per fortuna questo nuovo modo di far politica di tipo sovranista esclusivamente orientato ad acquisire consensi cavalcando i peggiori atteggiamenti populisti non è gradito a molti eminenti personaggi cattolici e laici. Ecco come la pensa papa Francesco al riguardo in un’intervista alla Stampa: “Il sovranismo[ndr] è un atteggiamento di isolamento. Sono preoccupato perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934. "Prima noi. Noi… noi…": sono pensieri che fanno paura. Il sovranismo è chiusura. Un Paese deve essere sovrano, ma non chiuso. La sovranità va difesa, ma vanno protetti e promossi anche i rapporti con gli altri paesi, con la Comunità europea. Il sovranismo è un'esagerazione che finisce male sempre: porta alle guerre". Lo "stesso discorso" vale anche per i populismi. "All'inizio faticavo a comprenderlo perché studiando Teologia ho approfondito il popolarismo, cioè la cultura del popolo: ma una cosa è che il popolo si esprima, un'altra è imporre al popolo l'atteggiamento populista. Il popolo è sovrano (ha un modo di pensare, di esprimersi e di sentire, di valutare), invece i populismi ci portano a sovranismi: quel suffisso, 'ismi', non fa mai bene". E il Presidente della CEI Gualtiero Bassetti in un colloquio sulla situazione politica attuale “Basta pifferai magici” con il Direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, spiega che non è «una novità» il fatto che l’uomo abbia «sempre cercato di farsi dio di se stesso». Ma oggi la deriva è più evidente. Perché, da un lato, «si è accelerato in nome della “qualità della vita” e dei “diritti individuali” il distacco dell’uomo da una visione cristiana dell’etica». E, dall’altro, «si è andata affermando, in nome del “nemico esterno”, islamico o migrante, una cultura identitaria escludente». In entrambi i casi, chiarisce il presidente della Cei, «c’è una negazione della caritas, dell’humanitas, della pietas e dell’universalismo cattolico». Da qui il richiamo alla necessità di «cristiani autentici» che sono «al tempo stesso miti e rivoluzionari». Secondo Bassetti, la mitezza rimanda alla «sobrietà dei comportamenti». L’essere rivoluzionari significa «andare contro lo spirito del mondo: egoistico, nichilistico, consumistico e xenofobo». Serve pertanto «uno sguardo profetico». E il porporato annuncia: «Come Chiesa italiana cerchiamo di mettere in pratica la profezia di La Pira sul Mediterraneo dando vita a un incontro con tutti i vescovi del Mediterraneo, nel nome della pace, dei poveri e del dialogo tra culture e fedi diverse». Infine, mi piace chiudere citando un bell’articolo sul “Fatto Quotidiano” del l’11 agosto scorso di un anziano scrittore, come me over 80, Furio Colombo sulla guerra dell’uomo bianco riferita anche all’atteggiamento del nostro Governo o ex Governo in cui il Ministro o ex Ministro Salvini chiude i nostri porti alle navi che salvano i migranti nel mar Mediterraneo. Colombo cita due frasi, quella di Salvini “Nessuno paragoni i nostri emigranti italiani del passato, i nostri nonni e bisnonni andati a lavorare in tutto il mondo, ai troppi clandestini fatti arrivare in Italia negli ultimi anni e mantenuti a spese degli italiani” e quella di Toni Morrison - prima afroamericana a ricevere il Nobel per la letteratura deceduta qualche giorno fa - nel romanzo Beloved: “Nel mondo la sfortuna non esiste. Esiste solo l’uomo bianco”, per certificare che la guerra dell’uomo bianco è cominciata. Mi dite come un anziano possa trovarsi bene in questo mondo? A me la sola parola guerra mi fa venire l’orticaria.

Gian Paolo Di Raimondo – Roma 1° settembre 2019