IL MATRIMONIO

 

 

Secondo la Chiesa cattolica il matrimonio è uno dei sette sacramenti e quindi uno dei momenti più importanti nella vita di un fedele che decide di seguire la via del Signore.

Il matrimonio è contemplato dalla Costituzione Italiana tra i diritti e i doveri dei cittadini. In particolare nell’articolo 29 si legge: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare". Poche righe più in là, all’articolo 31, si specifica che: "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".

 

Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna
realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva
. (papa Francesco)

Il matrimonio è un’alleanza stipulata tra un uomo che non può dormire con la finestra chiusa,
 e una donna che non può dormire con la finestra aperta
. (George Bernard Shaw)

 

 

 

Qualche giorno fa ho festeggiato l’anniversario dei cinquant’anni di matrimonio e così mi è venuta l’idea (più onestamente non solo a me) di dedicare l’articolo di luglio a questo particolare negozio giuridico che ha fini civili, religiosi, oppure entrambi. Cercherò in questa mia riflessione di analizzarlo il più possibile da entrambi i punti di vista. Soprattutto mi baserò sull’esperienza matrimoniale personale per trarne qualche indicazione generalizzabile. Questo perché, se il mio matrimonio è durato cinquanta anni con risultati oggettivamente molto buoni, senz’altro potrà fornire qualche informazione utile ai giovani che si accingono a fare questo importante passo sia che lo facciano in forma religiosa che civile. Casualmente mi sono accorto che, esattamente un anno fa (a luglio 2018), ho scritto per questo sito proprio un articolo sulla famiglia con le parole di papa Francesco “La famiglia cristiana è missionaria: annuncia al mondo l’amore di Dio”. Oggi proseguirò sulla strada intrapresa un anno fa aggiungendo alcune considerazioni che posso trarre dall’esperienza personale del matrimonio durato cinquant’anni. Papa Francesco con il suo monito sulle relazioni sociali, quindi per primo rivolgendosi alla famiglia: “PERMESSO, GRAZIE, SCUSA” ha indicato la regola d’oro perché un matrimonio duri, tra marito e moglie sono necessari l’educazione e il rispetto reciproco, nessuno dei due deve prevalere sull’altro. Ritengo che, il comune intendimento cristiano sull’impostazione della famiglia come “piccola Chiesa”, è di capitale importanza per regolare soprattutto la formazione etica e morale dei figli. Dal punto di vista personale posso aggiungere che è anche necessaria una qualche sintonia sulla visione del mondo, di come ci si deve comportare in merito ai problemi che inevitabilmente sorgono nella vita matrimoniale. E qui subentra anche la fortuna, il cui peso si può limitare solo con un sostanziale periodo di conoscenza reciproca con il fidanzamento. Nel mio caso, per esempio, sulle decisioni importanti da prendere ci siamo trovati, io e mia moglie, sempre d’accordo senza che l’uno prevaricasse l’altro. Credo che, nel nostro caso, abbia giocato un ruolo preminente la fortuna, visto il periodo molto breve di fidanzamento e la differenza sociale delle rispettive famiglie di provenienza.

Alla base del matrimonio c’è sempre l’amore, per noi cristiani è lo stesso amore di Dio. Mettere in gioco l’amore è sempre un rischio, però non è possibile iniziare un percorso insieme senza questo straordinario collante che fa superare i numerosi ostacoli diffusi nella vita in comune. Certo sarebbe più comodo evitare di rischiare, chiudersi nel proprio egoismo e non sposarsi, ma poi a cosa servirà vivere? A questo proposito, mi è piaciuta una frase di Clive Staples Lewis, questa:

Amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire per causa sua, e magari anche a spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura con passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara, del vostro egoismo. Ma in quello scrigno (al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto) esso cambierà: non si spezzerà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile”. 

Conosco molto bene questo tipo di persone, alcune mi sono molto vicine. A prima vista sembra che stiano molto meglio di chi ha deciso di intraprendere la vita in comune nel matrimonio, mano nella mano, dividendo le cose negative forse maggiori di quelle positive che gli sposi si devono attendere dal loro futuro. All’inizio sembra veramente un passo pazzesco che forse solo un po’ d’incoscienza aiuta a fare ma, col tempo, l’amore e i vincoli comuni che si rinsaldano rendono il matrimonio l’unica soluzione possibile. Esso diventa un elemento essenziale della convivenza sociale, specialmente nell’attuale collettività impoverita di nobili ideali e sentimenti aggreganti, ma solo individualista e intenta a venerare il dio denaro. L’amore e la solidarietà familiare sono elementi insostituibili per l’insegnamento e la trasmissione dei valori - culturali, etici, sociali, spirituali - essenziali per lo sviluppo e il benessere dei suoi stessi membri e della società nel suo insieme. Pensiamo a quanto la famiglia sia vitale per i bambini, essendo il loro punto di riferimento e rappresenti il luogo dove viene plasmata la loro personalità. La scuola e la parrocchia magari possono integrarla ma mai sostituirla. Una sana famiglia genera, attraverso il dialogo intergenerazionale (figli, genitori, nonni) nuovi individui ben integrati nella comunità nazionale. Si può senz’altro affermare che la famiglia, quindi, sia la prima società umana, il soggetto comunitario che supera tutte le altre istituzioni sociali. E non c’è famiglia senza matrimonio. Per l’esperienza personale sono certo, come stigmatizza Shaw nella sua frase che ho riportato all’inizio, che la convivenza è talmente complicata da diventare quasi impossibile per farla durare senza un vincolo religioso o legale, ma meglio se sono presenti entrambi.

Nel mio caso, facendo un consuntivo dei miei cinquant’anni di matrimonio, non posso che essere totalmente soddisfatto della particolare sintonia in cui mi sono trovato con mia moglie, pur tuttavia devo riconoscere che la comune fede cristiana abbia senz’altro contribuito a farci superare i non pochi ostacoli presentatici e farci giungere felicemente alla creazione della famiglia allargata oggi costituita di dieci elementi. La creazione di una famiglia di due persone con il matrimonio ha permesso che si formassero tre famiglie di dieci persone. Non è un miracolo di cui bisogna ringraziare il Signore?

 

Gian Paolo Di Raimondo - Roma, 5 luglio 2019