PAPA FRANCESCO E L’ECONOMIA 

 

 

 

 

Papa Leone XIII Vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, che proclamò il 15 maggio 1891 l’Enciclica Rerum Novarum, spesso sosteneva che:
L'errore capitale, nella presente questione [la questione sociale], sta nel credere che le due classi siano nemiche nate l'una dell'altra,
come se la natura avesse armato i ricchi e i poveri per combattersi a vicenda in un ostinato duello
”.


 

 

 

 

Tutti i Papi da Leone XIII - con la sua Rerum Novarum da cui è nata la Dottrina Sociale della Chiesa - in poi si sono occupati attivamente di economia. A tal proposito, più recentemente, papa Benedetto XVI affermava che L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona”, perché vi è una mentalità che è andata diffondendosi nel nostro tempo e che, rinunciando a ogni riferimento al trascendente, si è dimostrata incapace di comprendere e preservare l’animo umano. La diffusione di questa mentalità ha generato la crisi che viviamo oggi, che è crisi di significato e di valori, prima che crisi economica e sociale. L’uomo che cerca di esistere soltanto positivisticamente, nel calcolabile e nel misurabile, alla fine rimane soffocato” . 

Per inciso, personalmente, sono sempre stato un ammiratore della Dottrina sociale della Chiesa, tanto che l’ho anche studiata e approfondita in un corso frequentato per la Caritas qualche anno fa all’Università Lateranense. In questa sede mi limito a enunciare solo i principi fondamentali di essa – invito però il lettore ad approfondirli nella pubblicazione del suo Compendio della Dottrina Sociale – che sono: il principio del bene comune, il principio della sussidiarietà, il principio della solidarietà e il principio della dignità della persona (quest'ultimo è diffusamente ripreso in altri tre).

Tornando all’argomento di questo mio articolo voglio soffermarmi a verificare in che misura anche papa Francesco si stia interessando di economia legata, soprattutto, al sociale. Dalle sue parole: “Prima da semplice cristiano, poi da religioso e sacerdote, quindi da Papa, ritengo che le questioni sociali ed economiche non possano essere estranee al messaggio del Vangelo. Perciò, sulla scia dei miei predecessori, cerco di mettermi in ascolto degli attori presenti sulla scena mondiale, dando voce, in particolare, ai poveri, agli scartati, a chi soffre”, sembrerebbe proprio di sì. Ora vediamo come lo sta dimostrando.

Negli ultimi anni papa Francesco ha espresso, diverse volte e anche con decisione, il proprio giudizio critico sui problemi economici, richiamandosi anche alla Dottrina Sociale della Chiesa; voglio evidenziare i concetti espressi negli incontri con i “Movimenti popolari” di Roma nel 2014, Santa Cruz nel 2015 e ancora Roma nel 2016, inseriti nel libro “Terra, casa, lavoro” che aiutano a capire la visione post occidentale e mondialista del Pontefice dimostrando però che Egli non è contro il mercato. Lo critica se non produce occupazione e non riduce le diseguaglianze. Questa sua posizione era già chiara negli strali contro l’«economia dell’esclusione e dell’iniquità» presenti nella “Evangelii Gaudium”. Il Papa ripete con insistenza di mettere fine allo storico divorzio tra etica ed economia, riconoscendo l’immoralità dell’attività economica quando questa si riduce unicamente all’idea che “business is business”. Una sua netta presa di posizione su questo argomento la troviamo poi nell’intervista al Direttore del “Sole 24 Ore” rilasciata il 6 settembre scorso.

L’intera intervista si concentra, a mio avviso, sui seguenti quattro punti fondamentali per comprendere il pensiero del Papa. Sul primo, l’economia dello scarto, Egli si richiama a quanto ha scritto nell’Evangelii Gaudium sostenendo che non si tratta semplicemente del fenomeno dello sfruttamento, ma di un fatto nuovo in cui l’escluso è sbattuto fuori dalla società; è considerato spazzatura. E un’economia che permette questo uccide perché mette al centro e obbedisce solo al denaro e quando la persona non è più al centro, quando fare soldi, diventa l’obiettivo primario e unico ci si pone al di fuori dell’etica e si costruiscono strutture di povertà, schiavitù e di scarti. Sul secondo punto affrontato dall’intervista, l’attività finanziaria deve essere al servizio dell’economia e non viceversa, papa Francesco sostiene [integralmente]: Dietro ogni attività c'è una persona umana. Essa può rimanere anonima, ma non esiste attività che non abbia origine dall'uomo. L'attuale centralità dell'attività finanziaria rispetto all'economia reale non è casuale: dietro a ciò c'è la scelta di qualcuno che pensa, sbagliando, che i soldi si fanno con i soldi. I soldi, quelli veri, si fanno con il lavoro. E' il lavoro che conferisce la dignità all'uomo non il denaro. La disoccupazione che interessa diversi Paesi europei è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro. Sul punto riferito a cosa fa bene all’azienda, il Papa propone, ancora una volta il suo mantra nel chiedere, che per far bene all’azienda bisogna rispettare la dignità delle persone e perseguire il bene comune. A questo proposito, richiama il pensiero di Paolo VI al riguardo enunciato nell’Enciclica Populorum progressio sullo sviluppo che non deve essere ridotto alla semplice crescita economica, ma deve essere integrale, volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Per ultimo mi piace citare il punto sui giusti limiti del profitto perché è molto importante a tutti noi per comprendere come la nostra Chiesa accetti il capitalismo e ne definisca i limiti. Papa Francesco sostiene che l’azienda deve essere tenuta in vita dall’insieme di azioni e responsabilità, giustizia e profitto, produzione di ricchezza e la sua ridistribuzione, operatività e rispetto dell’ambiente. E aggiunge che solo il perseguimento del profitto non garantisce più la vita dell’azienda. Per papa Francesco non basta alle aziende garantire la giustizia del contratto con i propri dipendenti e il consenso tra le parti, se esse versano in una situazione di eccessiva diseguaglianza, la legge del consenso rimane subordinata al diritto naturale. E poi, riferendosi ancora a Paolo VI, conferma che “ciò che è vero sul giusto salario individuale lo è anche rispetto ai contratti internazionali: una economia di scambio non può più poggiare esclusivamente sulla legge della libera concorrenza, anch'essa troppo spesso generatrice di dittatura economica. La libertà degli scambi non è equa se non subordinatamente alle esigenze della giustizia sociale”.

E questo non è interessarsi di economia da parte di un Papa? Fin da Leone XIII ad oggi i Capi della Chiesa si sono sempre interessati dei problemi legati all’economia e hanno indicato la strada per affrontarli in termini cristiani, il problema è che i messaggi papali restano spesso inascoltati. Chiudo con le parole di papa Francesco che ha scritto e ripetuto più volte: “Le questioni sociali ed economiche non possono essere estranee al messaggio del Vangelo”.

Gian Paolo Di Raimondo – Roma 1 ottobre 2018